Oggi, 6 / 19 dicembre, e domani, 7 / 20 dicembre, la Chiesa fa memoria di due grandi santi: San Nicola, vescovo di Mira di Licia, il taumaturgo, e Sant'Ambrogio, vescovo di Milano. Ecco le loro icone e le loro vite per la nostra edificazione.
Vita di San Nicola di Mira
San Nicola era nato a Patara in Licia, una provincia nel sud dell'Asia minore. Mira, città di cui il Santo divenne vescovo, era la capitale della provincia e sede episcopale fondata da S. Nicandro. I dati biografici più accreditati, tramandatici dalla Chiesa greca, ci raccontano che il Santo fu imprigionato e perseguitato sotto Diocleziano. Vent'anni dopo la prigionia, partecipò al Concilio di Nicea, unendo la sua voce alla condanna dell'eresia ariana. Le informazioni storiche tramandano inoltre che morì a Mira, nella cui cattedrale fu sepolto. A questi fatti "storici", è andata associandosi nel corso dei secoli una vastissima letteratura tradizionale, della quale riportiamo qui alcune parti significative e popolari.
Nicola ricevette un'educazione di alto livello da genitori pii e virtuosi, che lo iniziarono alla lettura delle Sacre Scritture sin dall'età di 5 anni. Morirono quando Nicola era ancora giovane, lasciandogli in eredità una discreta fortuna economica, che il santo decise di destinare ad opere di carità. L'occasione per tale gesto giunse ben presto: un cittadino di Patara aveva perduto ogni suo avere, e le sue tre figlie, prive di dote, non potevano trovare marito. Nella disperazione, il padre stava per votarle ad una vita disonorevole.
Avendo udito ciò, Nicola prese una borsa d'oro e la gettò nottetempo attraverso la finestra della casa dell'uomo. Tale somma fu usata come dote per la figlia maggiore, che si sposò ben presto. Nicola si comportò ugualmente per le altre due figlie; venne poi scoperto dal padre delle ragazze, che usò espressioni di immensa gratitudine verso il benefattore. Nicola si trovava nella città di Mira quando il clero ed il popolo si riunirono per l'elezione del loro nuovo vescovo. Come già detto, si era ai tempi delle persecuzioni di Diocleziano, all'inizio del IV secolo.
Secondo alcuni testi tradizionali greci, "il divino Nicola fu arrestato dai magistrati, torturato, incatenato e gettato in carcere insieme ad altri cristiani. Quando Costantino, scelto da Dio, successe a Diocleziano, i prigionieri vennero rilasciati, e con essi l'illustre Nicola". San Metodio aggiunge che "...grazie agli insegnamenti di Nicola, la metropoli di Mira non fu contaminata dall'eresia ariana, da lui rigettata come veleno letale". Metodio non menziona la partecipazione di Nicola al Concilio di Nicea, ma secondo altri autori egli fu là presente ed attivo, al punto di schiaffeggiare, pieno di indignazione, lo stesso Ario!
In seguito a ciò Nicola fu privato delle sue insegne episcopali ed imprigionato, ma la tradizione tramanda che Nostro Signore e Sua Madre intervennero direttamente, liberarono il Santo e lo reintegrarono nel suo rango. Nicola adottò anche drastiche misure per combattere il paganesimo e abbatté numerosi templi, tra cui quello della dea Artemide, il più importante nel territorio della sua eparchia. Nicola fu custode del popolo a lui affidato non solo nelle cose dello spirito. Il giorno in cui tre uomini innocenti dovevano essere messi a morte per ordine del governatore, Nicola fermò la mano del boia e li liberò.
Rimproverò quindi il governatore, che si pentì dell'ingiusta sentenza. Al fatto erano presenti tre ufficiali imperiali, Nepote, Urso ed Erpilione. I tre uomini vennero in seguito ingiustamente accusati di truffa dal locale prefetto, il quale era riuscito ad ottenere dall'imperatore Costantino una sentenza di morte per i tre uomini.
Ricordando l'episodio in cui l'amore di Nicola per la giustizia si era manifestato in favore dei tre innocenti, gli ufficiali imperiali invocarono l'aiuto di Dio. Quella notte Nicola apparve in sogno a Costantino e ordinò all'imperatore di rilasciare i tre uomini innocenti. Il prefetto ebbe un sogno identico, e la mattina dopo i due uomini, constatando di avere assistito alla medesima apparizione, concordarono di interrogare i condannati. Avendo appreso che i tre si erano rivolti in preghiera per intercessione di Nicola, l'imperatore rese loro la libertà e scrisse al Santo vescovo una lettera, chiedendo le sue preghiere per la pace nell'impero.
Tutte le tradizioni sono concordi sul fatto che San Nicola fu tumulato nella città di Mira. Due secoli dopo, durante il regno di Giustiniano, una chiesa fu edificata sopra la sua tomba, le cui rovine furono rinvenute nel XIX secolo. La enorme popolarità del santo di Mira è bene espressa da un anonimo autore del X secolo, che dichiara: "...l'oriente e l'occidente lo acclamano. In ogni luogo abitato, campagne e città, isole e villaggi, agli estremi confini della terra, il suo nome è riverito e chiese sono edificate in suo onore".
Nel 1034 Mira fu occupata dai saraceni e i cittadini di Bari trafugarono le reliquie del santo, che erano ancora in custodia di greci cristiani sotto il dominio musulmano. Ciò avvenne nel 1087: una grande basilica venne successivamente edificata nella città per accogliere le reliquie del Santo.
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Vita di Sant’Ambrogio
Ambrogio, vescovo di Milano, nacque a Treviri nelle Gallie, dove il padre, cittadino romano, era prefetto. Terminati a Roma gli studi, ricevette dal prefetto Probo l'incarico di recarsi a Milano come governatore della Liguria e dell'Emilia. Proprio in quel tempo morì il vescovo ariano Aussenzio ed il popolo si trovò in discordia sulla scelta del successore. Ambrogio si recò allora, come era dovere della sua carica, alla chiesa, per sedare il tumulto: qui parlò a lungo della pace e del bene della nazione e con tale capacità persuasiva che improvvisamente il popolo lo acclamò vescovo all'unanimità.
Di fronte al rifiuto e alla resistenza di Ambrogio, il desiderio del popolo fu sottoposto all'Imperatore Valentiniano, che si mostrò ben contento che il vescovo fosse scelto tra i magistrati da lui nominati. Lietissimo fu pure il prefetto Probo che, quasi profetizzando, aveva detto ad Ambrogio al momento della partenza: «Va', e comportati non come giudice, ma come vescovo». Coincidendo pertanto la volontà dell'Imperatore col desiderio del popolo, Ambrogio venne battezzato (era infatti solo catecumeno), e iniziato ai riti sacri. Otto giorni dopo, precisamente il 7 dicembre 374, riceveva la consacrazione episcopale.
Divenuto vescovo, fu suo impegno difendere con coraggio la fede cattolica e i diritti della Chiesa, convertire alla vera fede molti ariani ed altri eretici; fra questi generò a Gesù Cristo Sant'Agostino, il grande dottore della Chiesa. Sollecito del bene di tutte le chiese, sapeva intervenire con grande energia e costanza; fu instancabile nell'adempiere i doveri del ministero pastorale, amministrando personalmente il battesimo a quasi tutti i candidati tanto che, dopo la sua morte, cinque vescovi riuscivano appena a supplirlo.
Amò intensamente i poveri e i prigionieri: donò ai poveri e alla Chiesa tutto l'oro e l'argento che possedeva quando fu eletto vescovo; alla Chiesa donò pure i suoi terreni, destinandone il solo usufrutto alla sorella Marcellina, in modo da non serbare per sé cosa alcuna che potesse dire sua. Così, come soldato privo di impedimenti e pronto a combattere, si mise al seguito di Cristo Signore che «da ricco che era si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà». Godeva con coloro che erano nella gioia, piangeva con chi era afflitto; ogni volta che qualcuno gli confessava i suoi peccati per riceverne la penitenza, piangeva a tal punto da indurre al pianto il penitente: si considerava infatti peccatore col peccatore.
Dopo l'assassinio dell'Imperatore Graziano, si recò ripetutamente da Massimo, suo uccisore: poiché questi si rifiutava di fare penitenza, Ambrogio ruppe la comunione con lui. Così come proibì l'ingresso in chiesa all'Imperatore Teodosio, a causa della strage di Tessalonica finché non ebbe umilmente eseguita la penitenza da lui stesso imposta.
Ambrogio ci ha lasciato numerose opere di grande valore teologico. Logorato dalle grandi fatiche e dall'intensa cura della Chiesa di Dio, prima ancora di cadere ammalato predisse il giorno della sua morte. Onorato, vescovo di Vercelli, chiamato per tre volte dalla voce di Dio, accorse al suo capezzale portandogli la Santa Comunione. Dopo essersi comunicato, pose le braccia in croce e consegnò la sua anima a Dio il 4 aprile dell'anno 397.
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