Da "La Grande Quaresima" di p. A. Schmemann
La penitenza-conversione è il principio e la condizione di una vera vita cristiana. La prima parola di Cristo quando cominciò a predicare fu: “Convertitevi” (Matteo 4, 17). Ma cos'è la penitenza? Nella corsa precipitosa della nostra vita quotidiana non abbiamo tempo per pensare a ciò e semplicemente riteniamo che tutto ciò che dobbiamo fare si riduce all'astensione da certi cibi, al tagliar corto con i divertimenti, all'andare a confessarci, ad ottenere l’assoluzione dal sacerdote e ricevere (una volta l’anno!) la Comunione e quindi considerarci perfettamente “in ordine” sino al prossimo anno. Tuttavia ci deve essere una ragione perché la Chiesa abbia scelto sette settimane come un periodo particolare per la penitenza e perché ci inviti ad un lungo e faticoso sforzo spirituale. Tutto ciò deve certamente riguardare me, la mia fede, la mia vita, la mia appartenenza alla Chiesa. Non è dunque mio principale dovere cercare di comprendere l’insegnamento della mia Chiesa sulla Quaresima, e di essere ortodosso non solo a parole, ma anche in realtà?
Alle domande: cos'è la penitenza? Perché ne abbiamo bisogno? Come dobbiamo comportarci? la Quaresima ci dà la risposta. Essa è in realtà una scuola di penitenza a cui ogni Cristiano deve andare ogni anno per approfondire la sua fede, per giudicare e, se possibile, per modificare la propria vita. È un meraviglioso pellegrinaggio alle autentiche fonti dell’Ortodossia e per riscoprire la via ortodossa della vita.
È attraverso le forme e lo spirito del suo ufficio quaresimale che la Chiesa ci conduce a scoprire il significato di questa particolare stagione. Questa breve introduzione alla Quaresima perciò è fondata principalmente, sebbene non esclusivamente, sull'ufficiatura della Quaresima. È mia speranza che il lettore possa scoprire da sé che in questo mondo non c’è nulla di più bello e di più profondo, d’ispirato e nello stesso tempo che ispira, di ciò che la nostra Madre ci rivela e liberamente ci dà una volta che entriamo nella beata stagione della “primavera della Quaresima”.
La Quaresima: il viaggio verso Pasqua
Quando uno parte per un viaggio, deve sapere dove egli stia andando. Lo stesso accade per la Quaresima. In primo luogo essa è un viaggio spirituale e la sua distinzione è la Pasqua, “la Festa delle Feste”. La Quaresima è la preparazione per la “pienezza” della Pasqua, la vera Rivelazione. Dobbiamo perciò cominciare a comprendere questo rapporto tra Quaresima e Pasqua, poiché esso rivela qualcosa di assolutamente essenziale, di veramente cruciale riguardo alla nostra fede cristiana ed alla nostra vita.
È necessario spiegare che Pasqua è molto più che una delle feste, più che una commemorazione annuale di un avvenimento passato? Chiunque abbia, sia pur una volta, partecipato a questa notte che è “più luminosa del giorno”, ed abbia gustato questa particolare gioia, lo sa. Perché possiamo cantare, come lo facciamo durante il mattutino pasquale: “Oggi tutte le cose sono piene di luce, il cielo e la terra ed i luoghi sotterranei”? In quale senso possiamo celebrare, come pretendiamo di fare, “la morte della Morte, la distruzione dell’inferno, l’inizio di una nuova ed eterna vita...?”. A tutte queste domande, rispondiamo: la nuova vita che quasi duemila anni or sono risplendette dalla tomba, è stata data a noi, a tutti coloro che Credono in Cristo. Essa ci era stata data nel giorno del Battesimo, in cui, come dice San Paolo, “noi fummo sepolti con Cristo nella morte, affinché come Cristo è risuscitato dalla morte, noi pure potessimo vivere una vita nuova” (Romani 6, 4). Così a Pasqua celebriamo la Resurrezione di Cristo come qualcosa di già accaduto e che accade ancora per noi. Infatti ognuno di noi ha ricevuto il dono di questa nuova vita ed il potere di accettarla e di vivere in essa. È un dono che modifica completamente il nostro atteggiamento nei riguardi di tutto questo mondo, ivi inclusa la morte. Esso ci rende possibile di affermare con gioia: “La morte più non esiste!”. Certamente la morte è ancora qui e noi ci troviamo di fronte ad essa ed un giorno verrà e ci porterà via. Ma crediamo fermamente che con la sua morte Cristo ha mutato la vera natura della morte e ne ha fatto un passaggio – un agnello pasquale, una “Pasqua” – nel Regno di Dio, trasformando la più grande tragedia in una vittoria definitiva. “Calpestando la morte con la morte” egli ci ha reso partecipi della sua Resurrezione. Questa è la ragione per cui alla fine del mattutino pasquale diciamo: “Cristo è risorto e la vita regna! Cristo è risorto e nessun morto rimane nella tomba!”.
Questa è la fede della Chiesa, affermata e resa evidente dai suoi innumerevoli Santi. Tuttavia, purtroppo, non è la nostra esperienza quotidiana poiché questa fede è assai rara, e continuamente perdiamo e tradiamo la “nuova vita”, che riceviamo come in dono, e in realtà viviamo come se Cristo non fosse risorto, come se questo unico evento non avesse alcun significato per noi! Di tutto ciò la causa è la nostra debolezza, la nostra impossibilità di vivere coerentemente con la fede, la speranza e l’amore a quel livello al quale Cristo ci ha sollevati quando disse: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia”. Noi semplicemente dimentichiamo tutto ciò, impegnati come siamo nelle nostre preoccupazioni quotidiane e, poiché dimentichiamo, sbagliamo. Ed a causa di questa dimenticanza, di quest’errore e peccato, la nostra vita diviene di nuova “vecchia” – minuscola, oscura ed infine senz'alcun significato –, un viaggio senza senso e senza un fine significativo. Ci diamo da fare per dimenticare la morte, ma poi, improvvisamente, nel mezzo della nostra “vita meravigliosa”, essa ci raggiunge orribile, inevitabile, senza senso. Possiamo di tempo in tempo confessare i nostri “peccati”, tuttavia non riferiamo la nostra vita a quella nuova vita che Cristo ci ha rivelato e ci ha dato. In realtà viviamo come se egli non fosse mai venuto. Questo è l’unico e reale peccato, il peccato di tutti i peccati, la tristezza senza fondo e la tragedia del nostro Cristianesimo apparente.
Se consideriamo tutto questo, possiamo comprendere quello che la Pasqua rappresenta e perché essa ha bisogno e presuppone la Quaresima. Infatti allora possiamo comprendere che tutte le tradizioni liturgiche della Chiesa, tutti i suoi cicli e servizi divini esistono, prima di tutto per aiutarci a recuperare la visione ed il gusto di questa nuova vita, che così facilmente perdiamo e tradiamo, affinché possiamo convertirci e tornare ad essa. Come possiamo amare e desiderare qualcosa che non conosciamo? Come possiamo porre sopra ogni altra cosa ciò che non abbiamo visto e goduto? In breve, come possiamo cercare un regno di cui non abbiamo idea? È la Liturgia della Chiesa che era ed ancora oggi rappresenta il nostro ingresso nel Regno, la nostra comunione con esso, e la nuova vita in esso. È per mezzo della sua vita liturgica che la Chiesa ci rivela qualcosa di ciò che “né orecchio udì, né gli occhi hanno visto e che non è ancora entrato nel cuore dell’uomo, ma che Dio ha preparato per coloro che lo amano”. Ed al centro di questa vita liturgica, quasi suo cuore e “climax”, come il sole i cui raggi penetrano dappertutto, sta la Pasqua. È la porta aperta ogni anno, che ci conduce nello splendore del Regno di Cristo, il pregustare della gioia eterna che ci attende, la gloria della vittoria che già, sebbene invisibile, riempie tutta la creazione: “La morte non c’è più!”. Tutto l’Ufficio divino della Chiesa ruota attorno alla Pasqua e perciò l’anno liturgico, cioè la serie di stagioni e di feste, diviene un viaggio, un pellegrinaggio verso la Pasqua, la fine che è anche il principio: la fine di tutto ciò che era “vecchio”; il principio di una vita nuova, un costante “passaggio” da questo mondo al Regno già rivelatoci da Cristo.
Tuttavia la “vecchia” vita, quella del peccato e della piccineria, non è facilmente superata e trasformata. L'Evangelo aspetta ed esige dall'uomo uno sforzo di cui, nella sua situazione presente, egli è virtualmente incapace. Siamo chiamati ad una visione, ad un traguardo, ad una via di vita che è molto al di sopra delle nostre forze. Anche gli Apostoli, quando udivano il Maestro che insegnava, gli chiesero disperati: “Ma come è possibile ciò?”. Infatti non è facile rinunciare ad un piccolo ideale di vita, frutto di cure quotidiane, di ricerca di beni materiali, di sicurezza e piacere, per un ideale di vita in cui il fine è la perfezione: “Siate perfetti come lo è il vostro Padre Celeste”. Questo mondo attraverso tutti i suoi “media” dice: “Sii felice, prenditela comoda, segui la via larga”. Cristo nell’Evangelo dice: “Scegli la via stretta, combatti e soffri, poiché questa è la via che conduce all'unica vera felicità”. E se la Chiesa non ci aiuta, come possiamo fare questa scelta terribile, come possiamo convertirci e ritornare alla promessa fatta ogni anno a Pasqua? Questo è l’aiuto che la Chiesa ci offre, la scuola di penitenza che sola ci sembrerà possibile di accogliere Pasqua non come un mero permesso di mangiare e di bere e di riposarci, ma come la fine di ciò che è “vecchio” in noi, come il nostro ingresso nel “nuovo”.
Nella Chiesa antica lo scopo principale della Quaresima consisteva nel preparare i catecumeni, cioè neoconvertiti alla fede Cristiana, al Battesimo, che a quei tempi era impartito durante la liturgia pasquale. Ma anche in un’epoca in cui la Chiesa di rado battezza gli adulti e l’istituto del catecumenato è scomparso, il significato fondamentale della Quaresima è rimasto lo stesso. Infatti, sebbene noi siamo stati battezzati, ciò che costantemente perdiamo e tradiamo è proprio quanto riceviamo nel Battesimo. Perciò Pasqua è il nostro ritorno annuale al nostro Battesimo, mentre la Quaresima è la preparazione a questo ritorno, lo sforzo lento e sostenuto di compiere alla fine il nostro “passaggio” o “Pasqua” nella nuova vita in Cristo. Se l’ufficio quaresimale conserva anche oggi il suo carattere catechetico e battesimale, non si tratta di un “resto archeologico”, ma di qualcosa di valido ed essenziale per noi. Giacché ogni anno la Quaresima e la Pasqua sono, di volta in volta, la riscoperta ed il recupero da parte nostra di ciò che eravamo grazie alla nostra morte battesimale e la resurrezione.
Un viaggio, un pellegrinaggio! Tuttavia, appena lo cominciamo, facciamo il primo passo nella “luminosa tristezza” della Quaresima, vediamo lontano, molto lontano la destinazione. È la gioia della Pasqua, è l’entrata nella gloria del Regno. Ed è questa visione, il pregustare della Pasqua, che rende la tristezza quaresimale luminosa ed il nostro sforzo una primavera spirituale; la notte può essere oscura e lunga, ma lungo la via una misteriosa e raggiante aurora sembra risplendere all'orizzonte: “Non privarci della nostra attesa, tu che hai amore per gli uomini!”.
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