Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

domenica 12 aprile 2015

MESSAGGIO PASQUALE di Sua Eminenza Job, Arcivescovo di Telmesso, Esarca del Patriarca Ecumenico

Dal sito del Decanato d'Italia dell'Esarcato

Portraitmoyen

Al clero, ai monaci e ai fedeli

dell’Arcivescovado delle Chiese ortodosse russe in Europa occidentale

Cristo è risorto!

È con gioia che la Chiesa proclama questo annuncio nel cuore della notte di Pasqua, nella quale dalle tenebre rifulge la luce, e questo a ragione, perché come ha detto san Paolo, l’Apostolo delle Genti: «Se Cristo non è risuscitato, allora la nostra predicazione è vana, e vana anche la vostra fede» (1 Cor 15, 14). In questa notte pasquale, la Chiesa canta: «Questo è il giorno della Risurrezione, genti rifulgiamo di gioia! È la Pasqua, la Pasqua del Signore. Dalla morte alla vita, dalla terra al cielo, il Cristo Dio ci ha portato. Cantiamo l’inno della vittoria!» (Canone pasquale, Ode I).

Rallegriamoci, dunque, perché il Cristo risorto, ci invita a intraprendere la sua strada, lui che è «la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14, 6). O, più precisamente, Egli ci accompagna lungo il nostro cammino, facendosi nostro compagno di viaggio per condurci verso il Suo Regno, come allora, dopo la Sua risurrezione, accompagnò i due discepoli sulla via di Emmaus. Perché la vita umana non è altro che un pellegrinaggio verso il Regno di Dio, che ci è stato reso accessibile attraverso la morte di Cristo sulla Croce e la sua risurrezione dalla tomba il terzo giorno, che ci fa passare, anche noi per mezzo del nostro battesimo, «dalla morte alla vita, dalla terra al cielo».

Intraprendere questo pellegrinaggio con Cristo significa in primo luogo metterci, come i discepoli di Emmaus, ad ascoltare la sua parola. Ascoltare la Parola di Dio non è un apprendimento intellettuale. Non basta leggere o ascoltare le Sante Scritture come un’opera letteraria. Ascoltare la Parola di Dio implica anche metterla in pratica, incarnarla nella nostra vita quotidiana. Questo esercizio è certamente difficile ma non impossibile. Chi mette in pratica la Parola di Dio si avvicina a Cristo e Cristo si avvicina a lui, e le parole del nostro Salvatore si applicano a lui, come agli apostoli: «Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa che cosa fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché ho fatto conoscere a voi tutto quello che ho imparato dal Padre mio» (Gv 15, 15).

Questa vicinanza al Cristo risorto, inaugurata dal nostro battesimo, trova il suo compimento nella comunione eucaristica, in cui ci uniamo intimamente con lui. Come i discepoli di Emmaus riconobbero il Cristo risorto nello spezzare il pane, così noi siamo veramente membri del corpo ecclesiale partecipando alla Santa Eucaristia che ci dà già in questo mondo il pegno della vita eterna nella speranza del Regno venturo. «O Pasqua, augusta e santissima, o Sapienza, Verbo e Potenza di Dio, dacci di comunicare più intimamente con te, nel giorno senza tramonto del tuo Regno!» (Canone pasquale, Ode IX).

Essere membri della Chiesa non significa dunque appartenere a una organizzazione, a un’istituzione o a un gruppo. Essere membri della Chiesa significa intraprendere questo pellegrinaggio con il Cristo, che ci porta «dalla morte alla vita, dalla terra al cielo». Significa dunque divenire, secondo l’esempio dei discepoli di Emmaus, amici del Cristo, suoi compagni di strada sulla via della salvezza. Significa distogliersi dal male ed elevarsi al di sopra delle passioni che a loro volta ci distolgono dal nostro fine, attraverso la messa in pratica della Sua Parola e dei Suoi comandamenti, e attraverso la comunione frequente alla Santa Eucarestia.

Un tale cammino con il Cristo verso il Suo Regno non può farsi che nell’amore. Infatti, il Salvatore ci ha lasciato il comandamento dell’amore dicendoci: «da questo tutti riconosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Nessuno può pretendere di essere amico del Cristo, essere discepolo del Cristo, né camminare con il Cristo se odia il suo prossimo, se coltiva animosità e divisione in seno al Corpo ecclesiale, o se dà la priorità ai suoi interessi o ai suoi vantaggi personali. Intraprendere questo pellegrinaggio con il Cristo significa abbandonare il proprio egoismo per amore del Cristo, nell’amore del prossimo e con il fine ultimo di unirsi più intimamente a Lui nel Suo Regno.

In questo spirito, in questa festa delle feste, giorno della Resurrezione, in cui la Chiesa ci invita nella sua innografia «ad abbracciarci gli uni gli altri, a dire fratello finanche a coloro che ci odiano, e a perdonare tutto per la Resurrezione», vi invito a mettere da parte il nostro egoismo e tutte le nostre ambizioni personali per andare, nell’amore, incontro al Cristo che non attende altro che diventare nostro compagno di strada su questa via della salvezza che ci porta verso «il giorno senza tramonto del suo Regno». In questa prospettiva, vi trasmetto il bacio pasquale e vi auguro che la gioia della Resurrezione dimori nel vostro cuore tutti i giorni della vostra vita.

+ Job, Arcivescovo di Telmesso,

Esarca del Patriarca ecumenico

Parigi, Cattedrale di Sant’Alessandro della Nieva, 12 aprile 2015

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