Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

lunedì 27 luglio 2015

Dalle «Omelie sul vangelo di Matteo» di san Giovanni Crisostomo

Se saremo agnelli vinceremo, se lupi saremo vinti

Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell'aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli. Per questo se ne andrà e ti lascerà solo, perché gli impedisce di manifestare la sua potenza.

E` come se Cristo avesse detto: Non turbatevi per il fatto che, mandandovi tra i lupi, io vi ordino di essere come agnelli e colombe. Avrei potuto dirvi il contrario e risparmiarvi ogni sofferenza, impedirvi di essere esposti come agnelli ai lupi e rendervi più forti dei leoni. Ma è necessario che avvenga così, poiché questo vi rende più gloriosi e manifesta la mia potenza. La stessa cosa diceva a Paolo: «Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza si manifesti pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9). Sono io dunque che vi ho voluto così miti.

sabato 18 luglio 2015

Lettera dell’Arcivescovo Job di Telmessos ai membri laici del Consiglio dell’Arcivescovado

Dai sito del Decanato d'Italia dell'Esarcato

Cari membri laici del Consiglio dell’Arcivescovado,

dalla mia elezione, alcuni fra di voi non cessano di denigrare tutto il mio lavoro, rifiutando ogni collaborazione, arrivando anche a contestare la mia stessa elezione. Ripetete questa protesta nella vostra ultima dichiarazione. È necessario ricordarvi che l’elezione del vescovo spetta solo ai vescovi [Cf.: 1° canone apostolico, 4° canone del I Concilio Ecumenico, 3° canone del VII Concilio Ecumenico, 12° e 13° canone del Concilio di Laodicea] e i canoni puniscono la non accettazione di un vescovo da parte del popolo e del clero [36° canone apostolico].

Inoltre, i nostri statuti stipulano che: «L’Arcivescovado e le associazioni aderenti sono retti nella loro vita liturgica, pastorale, canonica e spirituale dalle regole della Chiesa ortodossa che segue la tradizione russa, così come sono contenute nella raccolta dei Canoni dei Santi Apostoli, dei Santi Concili Ecumenici, dei Concili locali e dei Padri della Chiesa così come negli Atti e nelle decisioni del Concilio di Mosca del 1917-1918» (art. 1). Tuttavia i santi canoni prevalgono sulle decisioni del Concilio di Mosca del 1917-1918 e sugli Statuti.

giovedì 9 luglio 2015

La nozione biblica e patristica di salute-guarigione

di Pavel Evdokimov – “L’uomo icona di Cristo”, Milano, 1984, 128-131.

Sulla Croce, Gesù ha detto: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno[1]. La Chiesa non può che seguire questa parola. Non sapere quello che si fa è esattamente il comportamento di un malato, di un insensato sordo e cieco, e perciò stesso non del tutto responsabile.

Per l’Oriente la salvezza non ha nulla di giuridico, non è una sentenza di tribunale. Il verbo yacha in ebraico significa “essere al largo”, a proprio agio; nel senso più generale vuol dire liberare, salvare da un pericolo, da una malattia, infine dalla morte: il che esprime e indica il significato ben specifico di ristabilire l’equilibrio vitale, di guarire. Il sostantivo yecha, salvezza designa la liberazione totale, con la pace-shalom al termine. Nel Nuovo Testamento soteria in greco viene dal verbo sozô, l’aggettivo sȏs corrisponde al sanus latino e significa dunque restituire la salute a chi l’ha perduta, salvare dalla morte, termine naturale di ogni malattia. Per questo, l’espressione “la tua fede ti ha salvato”, comporta la versione: “la tua fede ti ha guarito”: i due termini sono sinonimi del medesimo atto del perdono divino, atto che tocca l’anima e il corpo nella loro stessa unità.