Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

giovedì 28 giugno 2012

La preghiera di Gesù: mistero della spiritualità ortodossa

Di Élisabeth Behr-Sigel

Da «La douloureuse joie: Aperçus sur la prière personnelle de l’Orient chrétien. Éditions de l’Abbaye de Bellefontaine, 1981».

1. L’opera spirituale

Uno tra gli elementi più importanti della preghiera monastica nella Chiesa ortodossa è la “Preghiera di Gesù” chiamata anche “preghiera” o “azione spirituale”. La sua forma esterna – si potrebbe dire la sua realtà “materiale”– è la ripetizione più frequente possibile del Nome di Gesù Cristo, associata alla preghiera del pubblicano (Lc 18,14) e si esprime in questi termini: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore”.

La sua essenza spirituale è “la discesa della mente nel cuore”, giungendo, attraverso la purificazione del pensiero e la memoria costante di Gesù Cristo, all’illuminazione dell’uomo interiore attraverso la Grazia divina e la presa di coscienza dell’abitazione mistica in sé dello Spirito Santo.

La pratica di questa preghiera è una tradizione antica e venerabile della Chiesa d’Oriente. Essa proviene da una corrente spirituale che risale ai Padri del deserto della quale l’insegnamento dei grandi pensatori cristiani del III e del IV secolo è l’espressione teologica.

Male o poco conosciuta in Occidente, tale grande tradizione mistica, in qualche sorta anima della teologia orientale, ha suscitato comunque ricerche e lavori interessanti. Ma questi studi, scritti da specialisti di letteratura patristica greca ignoravano generalmente le forme più recenti che riguardano la tradizione antica praticata dalle chiese slave e greche moderne, tradizione vivente al di fuori della quale gli antichi testi rimangono spesso incomprensibili al punto che Padre I. Hausherr scriveva: “La questione dell’esicasmo non presenta solo un interesse storico – sufficiente del resto a meritargli l’attenzione dei ricercatori in questi tempi di rinnovamento degli studi ascetici e mistici – essa non ha perso la sua attualità nell’Oriente ortodosso. Alcuni pensano pure che, tra tutte le questioni il cui studio s’impone – in chi s’interessa dell’avvenire religioso greco o slavo – questa è la più importante”. Noi aggiungiamo che la letteratura ascetica e mistica russa, che potrebbe fornire degli insegnamenti preziosi sulla permanenza e il rinnovamento della pratica della preghiera spirituale, resta quasi totalmente sconosciuta in Occidente.

domenica 24 giugno 2012

Dal “Commento sui Salmi” di sant’Ambrogio, vescovo di Milano

Apri la tua bocca alla parola di Dio

Sia sempre nel nostro cuore e sulla nostra bocca la meditazione della sapienza e la nostra lingua esprima la giustizia. La legge del nostro Dio sia nel nostro cuore (cfr. Sal 36, 30). Per questo la Scrittura ci dice: " Parlerai di queste cose quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai " (Dt 6, 7). Parliamo dunque del Signore Gesù, perché egli è la Sapienza, egli è la Parola, è la Parola di Dio. Infatti è stato scritto anche questo: Apri la tua bocca alla parola di Dio.

Chi riecheggia i suoi discorsi e medita le sue parole la diffonde. Parliamo sempre di lui. Quando parliamo della sapienza, è lui colui di cui parliamo, così quando parliamo della virtù, quando parliamo della giustizia, quando parliamo della pace, quando parliamo della verità, della vita, della redenzione, è di lui che parliamo. Apri la tua bocca alla parola di Dio, sta scritto. Tu la apri, egli parla. Per questo Davide ha detto: Ascolterò che cosa dice in me il Signore (cfr. Sal 84, 9) e lo stesso Figlio di Dio dice: " Apri la tua bocca, la voglio riempire " (Sal 80, 11). Ma non tutti possono ricevere la perfezione della sapienza come Salomone e come Daniele. A tutti però viene infuso lo spirito della sapienza secondo la capacità di ciascuno, perché tutti abbiano la fede. Se credi, hai lo spirito di sapienza. Perciò medita sempre, parla sempre delle cose di Dio, " quando sarai seduto in casa tua " (Dt 6, 7).

Per casa possiamo intendere la chiesa, possiamo intendere il nostro intimo, per parlare all'interno di noi stessi. Parla con saggezza per sfuggire al peccato e per non cadere con il troppo parlare. Quando stai seduto parla con te stesso, quasi come dovessi giudicarti. Parla per strada, per non essere mai ozioso. Tu parli per strada se parli secondo Cristo, perché Cristo è la via. In cammino parla a te stesso, parla a Cristo. Senti come devi parlargli: " Voglio, dice, che gli uomini preghino dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese " (1 Tm 2, 8).

Parla, o uomo, quando ti corichi affinché non ti sorprenda il sonno dì morte. Senti come potrai parlare sul punto di addormentarti: " Non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, finché non trovi una sede per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe "(Sal 131, 4-5). Quando ti alzi, parlagli per eseguire ciò che ti è comandato. Senti come Cristo ti sveglia. La tua anima dice: " Un rumore! E’ il mio diletto che bussa " (Ct 5, 2) e Cristo dice: " Aprimi sorella mia, mia amica " (Ivi). Senti come tu devi svegliare Cristo. L'anima dice: " Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, svegliate, ridestate l'amore " (Ct 3, 5). L'amore è Cristo.

giovedì 21 giugno 2012

Chi è il padre spirituale?

Di Mons. Kallistos Ware, The Orthodox Way, S. Vladimir’s Seminary Press

L’anziano o ‘vegliardo’, noto in greco come “gheron” e in russo come “starets”, non deve essere necessariamente avanti con gli anni. Piuttosto deve essere saggio alla luce della sua esperienza della verità divina, benedetto dalla grazia della “paternità nello spirito”, con il carisma di guidare gli altri sulla Via. Ciò che offre ai suoi figli spirituale non è primariamente un’istruzione morale o una regola di via, ma un rapporto personale. «Uno starets», dice Dostoevsky, «è uno che prende la tua anima e la tua volontà, nella sua anima e nella sua volontà» I discepoli di Padre Zaccaria erano soliti dire di lui: «E’ come se si portasse i nostri cuori in mano».

Lo starets è l’uomo della pace interiore, al cui fianco migliaia di persone possono trovare la salvezza. Lo Spirito Santo gli ha donato il frutto della sua preghiera e della rinuncia a se stesso, il dono del discernimento, permettendogli di leggere i segreti dei cuori degli uomini; e così egli risponde, non solo alle domande che gli altri gli rivolgono, ma anche a quelle domande – spesso più fondamentali – che non hanno nemmeno pensato di porre. Insieme al dono del discernimento egli possiede il dono della guarigione spirituale – il potere di guarire le anime degli uomini, e talvolta anche i loro corpi. Questa guarigione spirituale viene fornita non solo attraverso parole di consiglio ma attraverso il silenzio e la presenza. Per quanto sia importante il consiglio, molto più importante è la sua preghiera di intercessione. Prega costantemente per i propri figli, si identifica con loro, considera le loro gioie e i loro dolori come suoi propri, prende sulle spalle il peso della loro colpa o della loro ansietà. Nessuno può essere starets se non prega insistentemente per gli altri.

domenica 17 giugno 2012

La Preghiera di Gesù nella Tradizione della Chiesa

dal libro del vescovo Ignatij Brjančaninov: Preghiera e lotta spirituale, ed Gribaudi.

La formula

La preghiera di Gesù si dice in questo modo: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio abbi pietà di me, peccatore. In origine, la si diceva senza la parola peccatore; questa è stata aggiunta più tardi alle altre parole della preghiera. Tale parola esprime la coscienza e la confessione della caduta, che bene si applica a noi, come fa notare Nil Sorskij, e piace a Dio, che ci ha comandato di rivolgergli preghiere con la coscienza e la confessione del nostro stato di peccato.

Tenendo conto della debolezza dei principianti, i Padri li autorizzano a dividere la preghiera in due parti e dire talora: Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me, peccatore, e talaltra: Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore. E’ solo un permesso, una concessione, e non è per nulla un ordine o una prescrizione che si deve assolutamente osservare. E' molto meglio infatti utilizzare costantemente la stessa formula per intero, senza preoccuparsi di cambiarla, rischiando di distrarsi. Anche chi, a motivo della propria debolezza, prova il bisogno di alternare le formule non deve permettersi di farlo troppo spesso. Si può, per esempio, utilizzare una metà della preghiera fino al pasto di mezzogiorno e l'altra metà nel seguito della giornata. Gregorio Sinaita sconsiglia i cambiamenti frequenti: "le piante continuamente trapiantate non mettono radici".

martedì 12 giugno 2012

Detti dei Padri del deserto

Il Padre Poemen disse: "Insegna alla tua bocca a dire ciò che il tuo cuore racchiude".

Un fratello venne dal padre Teodoro e cominciò a parlare e a trattare cose di cui non aveva ancora fatto esperienza. "Non hai ancora trovato la nave - gli dice l'anziano -, non hai ancora caricato il tuo bagaglio, e sei già arrivato in quella città prima di essere partito? Compi prima l'opera e poi giungerai a ciò di cui ora parli".

Un anziano ha detto: “Quanto uno si sarà reso folle per il Signore, altrettanto il Signore lo renderà saggio”.

L’abate Amun disse: “Sopporta ogni uomo come Dio ti sopporta”.

Disse un anziano: “Senza la sorveglianza delle labbra è impossibile all’uomo progredire anche in una sola virtù; poiché la prima delle virtù è la sorveglianza delle labbra”.

Un anziano disse: “Credete forse che Satana voglia introdurre in voi tutti i pensieri? No, è per mezzo di un pensiero solo che vince l’anima e spera condurla a perdizione. Egli abbandona in essa quell’unico pensiero, non occorre altro. Attenti dunque a non mostrar compiacenza verso un solo cattivo pensiero”.

domenica 10 giugno 2012

La Chiesa, Pentecoste permanente

Di San Justin Popovic

Tratto da La Lumière du Thabor n. 38 pp. 37-67 - Trad. dal francese di Chiara Ruth Rantini - pubblicato su La Pietra n. 1 / 2001 pp. 6-18

Chi è dunque, il Dio-Uomo, il Cristo? Chi è Dio in Lui, e chi è l'uomo? In cosa sarà possibile riconoscere Dio nell'uomo, e in cosa l'uomo in Dio? Quali doni Dio ci ha concesso nel e con il Dio-Uomo? Tutto ciò, è lo Spirito Santo a svelarlo: è dunque lo "Spirito di verità" che ci rivela la Verità circa Dio in Lui, circa l'uomo, e riguardo a tutto ciò che è stato donato per mezzo di Lui. Che significa questo? Ciò supera di molto quello che gli occhi umani hanno mai potuto vedere, quello che le orecchie hanno potuto sentire, ciò che il cuore ha mai potuto intuire 1.

Per mezzo della sua vita terrestre, nella nostra carne, il Dio-Uomo ha fondato la Chiesa, il suo corpo divino-umano. In questo modo ha preparato la discesa, la vita e l'attività dello Spirito Santo nel corpo della Chiesa, anima di questo stesso corpo. Nel giorno della Santa Pentecoste, lo Spirito Santo è disceso nel corpo divino-umano della Chiesa per dimorarvi in eterno come anima vivificante 2. Già gli Apostoli, per mezzo della loro fede nel Dio-Uomo, il Signore Gesù Cristo Salvatore del mondo, Dio e uomo perfetto, costituivano il corpo divino-umano della Chiesa. Ora, questa discesa, come del resto l'intera attività dello Spirito Santo nel corpo divino-umano della Chiesa, è possibile solo per mezzo e grazie al Dio-Uomo 3:"Per opera sua, lo Spirito Santo è entrato nel mondo" 4. Nell'economia divino-umana della salvezza tutto è condizionato dalla Persona divino-umana del Signore Gesù Cristo; niente potrebbe prodursi al di fuori di questa categoria della divino-umanità. Persino l'attività dello Spirito Santo nel mondo non potrebbe essere dissociata dall'opera divino-umana della salvezza compiuta dal Cristo. Tra tutti i doni eterni della Trinità e dello stesso Spirito Santo, la Pentecoste appartiene alla Chiesa dei santi Apostoli, alla santa Tradizione apostolica, alla santa gerarchia apostolica, a tutto ciò che è apostolico e divino-umano.

venerdì 8 giugno 2012

Un eroe dello spirito: Abuna Matta El-Meskin

Abuna Matta El Meskin (Padre Matteo il Povero, 20/9/1919 - 8/6/2006), monaco Copto Ortodosso, è stata la figura chiave della rinascita del monachesimo egiziano che cominciò nel 1969, quando fu incaricato di rifondare il monastero di San Macario a Wadi El-Natrun in Egitto. Al momento della sua morte la comunità si era accresciuta passando da 6 a 130 monaci, mentre contemporaneamente nuovi monasteri erano stati fondati ed altri già esistenti si erano rinvigoriti numericamente.

Il Monastero di San Macario a Scete (Wadi el-Natrun): Storia del Monastero

Il Monastero di san Macario è situato in Wadi el-Natrun, l’antica Scetes, a 92 km dal Cairo, sul lato occidentale della via del deserto verso Alessandria. Fu fondato nel 360 D.C. da San Macario l’egiziano, che era il padre spirituale di oltre 4.000 monaci di diverse nazionalità – Egiziani, Greci, Etiopi, Armeni, Nubiani, Palestinesi, Italiani, Galli e Spagnoli. Tra loro c’erano uomini di lettere e filosofi, membri dell’aristocrazia del tempo, insieme a semplici contadini analfabeti. A partire dal quarto secolo fino ad oggi il monastero è stato sempre abitato da monaci, senza interruzione.

La morte è vinta: le finalità ultime secondo i Padri della Chiesa

Dell'Archimandrita Placide Deseille, da un opuscolo edito dal Monastero Saint-Antoine-le-Grand, St-Laurent-en-Royans, France. - Pubblicato anche nella rivista “Le Chemin”, n. 33 del 1996

Scopo della creazione

Il Cristiano è un uomo che attende. Il Signore ci dice nel Vangelo: “Tenete sempre la cintura ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quei servi che attendono il padrone, che ritorna dalle nozze, per aprirgli al momento che verrà e busserà” (Lc 12, 35-36). Pochi testi ci rivelano in modo tanto perfetto quali debbano essere il senso e l’orientamento profondo della vita cristiana.

Scopo della creazione è la deificazione dell’uomo e dell’universo. Tutta l’economia della salvezza, l’opera redentrice di Cristo, l’azione santificante dello Spirito, hanno come scopo quello di ricondurre l’umanità decaduta al fine per cui è stata creata, verso la pienezza della deificazione. Col ritorno di Cristo, che aspettiamo, si realizzerà il completamento supremo di questo disegno di Dio, questa economia della salvezza raggiungerà la sua definitiva realizzazione.

Se vogliamo ritrovare un cristianesimo vivente, che sia per noi fonte perpetua di gioia e di slancio spirituale, dobbiamo ricollocare al centro della nostra vita cristiana il desiderio impaziente e la certezza del ritorno glorioso del Signore, quel desiderio e quella certezza che animavano le prime generazioni cristiane.

Lo Spirito e la Sposa dicano: “Vieni!”. Colui che ascolta dica:“Vieni!”. Colui che ha sete venga e colui che lo desideri prenda l’acqua della vita, gratuitamente (Ap 22, 17).

domenica 3 giugno 2012

21 maggio / 3 giugno: i santi Costantino ed Elena


Il santo e grande imperatore Costantino, figlio di Costanzo Cloro, sovrano delle province occidentali dell'impero romano, nacque intorno al 280 a Naisso, l'odierna Niš in Serbia. Nel 306 succedette a suo padre.

Secondo la tradizione l'imperatore Costantino fu coinvolto da un evento straordinario: in occasione di una guerra combattuta in Italia contro Massenzio e Massimino che avevano formato una lega contro di lui, mentre si trovava alla testa delle sue truppe, vide in cielo una croce luminosa con sopra iscritto: “Si conquista da questa”. La notte seguente gli apparve in sogno nostro Signore che gli rivelò il significato e il potere della Croce. Al mattino ordinò che fosse fatto un labaro sotto forma di croce con sopra riportato il nome di Gesù Cristo. Il 29 ottobre, nei pressi di Ponte Milvio, la guerra fu vinta, Costantino entrò trionfalmente a Roma e fu proclamato imperatore d'Occidente, mentre a suo cognato Licinio rimase l'impero d'Oriente.