Dai sito del Decanato d'Italia dell'Esarcato
Cari membri laici del Consiglio dell’Arcivescovado,
dalla mia elezione, alcuni fra di voi non cessano di denigrare tutto il mio lavoro, rifiutando ogni collaborazione, arrivando anche a contestare la mia stessa elezione. Ripetete questa protesta nella vostra ultima dichiarazione. È necessario ricordarvi che l’elezione del vescovo spetta solo ai vescovi [Cf.: 1° canone apostolico, 4° canone del I Concilio Ecumenico, 3° canone del VII Concilio Ecumenico, 12° e 13° canone del Concilio di Laodicea] e i canoni puniscono la non accettazione di un vescovo da parte del popolo e del clero [36° canone apostolico].
Inoltre, i nostri statuti stipulano che: «L’Arcivescovado e le associazioni aderenti sono retti nella loro vita liturgica, pastorale, canonica e spirituale dalle regole della Chiesa ortodossa che segue la tradizione russa, così come sono contenute nella raccolta dei Canoni dei Santi Apostoli, dei Santi Concili Ecumenici, dei Concili locali e dei Padri della Chiesa così come negli Atti e nelle decisioni del Concilio di Mosca del 1917-1918» (art. 1). Tuttavia i santi canoni prevalgono sulle decisioni del Concilio di Mosca del 1917-1918 e sugli Statuti.
Per quanto riguarda l’elezione dell’Arcivescovo, gli statuti stipulano che: «Il risultato del voto dell’AGE è certificato per iscritto dall’Ufficio dell’AGE e in seguito trasmesso per intermediario del locum tenens al Santo Sinodo che procede all’elezione canonica tenendo conto del voto dell’Assemblea Generale Straordinaria (AGE)» (art.44). Su questo, il Tomos afferma che: «L’elezione dell’Arcivescovo-Esarca Patriarcale… si fa in conformità con gli Statuti che il Patriarca Ecumenico ha approvato e benedetto, e secondo l’ordine canonico secondo il quale tali elezioni avvengono secondo il Santo e Sacro Sinodo del Patriarcato Ecumenico che prende in considerazione le proposte dell’Assemblea clerico-laica dell’Esarcato» Si tratta dunque di un voto consultativo dell’AGE, poiché l’elezione di un vescovo non può farsi che attraverso un sinodo di vescovi. Le allusioni a proposito di una «elezione controversa» possono così essere considerate come un reato canonico contro il Santo Sinodo e l’unità della Chiesa.
In seguito, mi accusate di denigrare, destabilizzare e intralciare il funzionamento dell’Arcivescovado, delle sue istituzioni e delle sue componenti. Ebbene, sin dalla mia ordinazione, non mi fermo dal cercare delle modalità per lavorare con tutti i membri del nostro Esarcato, ma alcuni sono ostinati e hanno costituito un vero partito di opposizione dimenticando che la Chiesa del Cristo è un corpo solo. Dalla mia elezione, ho lanciato un appello all’unità, ma invano…
Le riunioni del Consiglio dell’Arcivescovado che hanno avuto luogo somigliavano a sedute parlamentari e sono state turbate dalle cattive intenzioni di alcuni membri, che hanno tentato di bloccare tutte le iniziative provenienti dall’Arcivescovo. Speravo che l’interruzione momentanea di queste riunioni avrebbe permesso a tutti i suoi membri di riflettere sul buon funzionamento del Consiglio e di ritrovare il loro buonsenso.
Per quanto riguarda le ordinazioni dei membri del clero, tutte hanno avuto luogo secondo le prescrizioni dei santi canoni, e secondo gli statuti. La stessa nomina e revoca dei rettori spetta al solo vescovo secondo i canoni e il Tomos Patriarcale, il quale stabilisce che: «L’Esarcato Patriarcale è governato da un solo vescovo dirigente, avente il rango e il titolo di Arcivescovo-Esarca Patriarcale… L’Arcivescovo che è alla testa dell’Esarcato Patriarcale possiede la giurisdizione prevista dai divini e santi canoni su tutte le comunità dell’Esarcato ed è abilitato a dare dei congedi canonici, ad accogliere, a nominare e ad autorizzare a una diaconia ecclesiastica tutti i chierici e i laici sottoposti alla sua giurisdizione». Troviamo le stesse prescrizioni negli Statuti dell’Arcivescovado (vd. art. 46). Alcune revoche e nomine sono state dettate sia da una necessità di ordine canonico (soprattutto funzione di rettore in parrocchie multiple, cosa interdetta dai canoni), sia amministrativo (soprattutto il conflitto tra la parrocchia di San Sergio e l’ITO, la degradazione del suo patrimonio culturale e altre cose).
Riguardo alle funzioni di “vicario generale” ed “economo”, per quanto non menzionate nei nostri statuti, sono previste dalla tradizione canonica della Chiesa Ortodossa e la seconda è addirittura obbligatoria in una diocesi. Infatti, se un vescovo non nomina un economo, il metropolita, o nel nostro caso il Patriarca, è obbligato a nominarne uno (vd. 10° canone di Teofilo, 26° canone del IV Concilio Ecumenico, 11° canone del VII Concilio Ecumenico). Le due funzioni non mirano in alcun caso a «sostituirsi ai mandati elettivi detenuti dai membri dell’amministrazione diocesana», poiché le loro funzioni non vi corrispondono.
Appartiene al vescovo diocesano di occuparsi dell’amministrazione della sua diocesi e quindi di ricevere la corrispondenza. Il ruolo del consiglio diocesano è di assistere l’arcivescovo solo nei suoi impegni amministrativi, senza toccare gli aspetti spirituali e canonici. Purtroppo, l’«amministrazione diocesana» di cui io sono il presidente non ha mai voluto assistermi in tutti gli impegni amministrativi, ma al contrario non cessa di bloccare il buon funzionamento dell’Esarcato.
L’affermazione secondo cui la nomina del Tribunale ecclesiastico è stata fatta «senza consultazione del Consiglio dell’Arcivescovado, in violazione degli statuti dell’Arcivescovado e di quelli del Tribunale ecclesiastico» è una deformazione completa dei fatti. Infatti gli statuti stabiliscono: «Articolo 82. Composizione. La Commissione di Disciplina (Tribunale Ecclesiastico) è composta da quattro membri scelti dall’Arcivescovo fra i sacerdoti, di cui almeno due devono avere una licenza in teologia ortodossa. Articolo 83. Presidente. Il presidente della Commissione di Disciplina è nominato dall’Arcivescovo fra i membri della Commissione». Il Tribunale è dunque stato nominato in maniera pienamente canonica e in applicazione degli statuti.
Il Tribunale non ha preso alcuna decisione contro i membri del nostro Esarcato, la sola decisione che ne è stata emanata non è che un provvedimento sulla sua incompetenza canonica per trattare il caso che gli era stato sottoposto per un esame preliminare e il rinvio a un tribunale competente, ossia il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico. Infatti, i canoni stabiliscono che un contenzioso fra un membro del clero e un vescovo esterno non può essere trattato che dal sinodo [vd. 9° canone del IV Concilio Ecumenico]. Lo scioglimento del tribunale ha avuto luogo per una sola causa: la sua compromissione a causa della divulgazione dei suoi lavori da parte di un membro, cosa interdetta dagli statuti (art. 89). La nomina del nuovo tribunale ha avuto luogo rispettando i canoni e gli statuti.
Seguono altre insinuazioni e deformazioni dei fatti che speriamo involontari e dovuti a una mancata conoscenza della causa.
A proposito delle azioni scismatiche del rettore della parrocchia di San Nicola Taumaturgo a Saint-Louis, gli autori della dichiarazione salutano quasi benevolmente queste azioni e incitano gli altri a fare altrettanto. Cosa scioccante per i membri del consiglio che dovrebbero vigilare sull’integrità dell’Esarcato. Ricordo ancora una volta che la Chiesa Ortodossa è gestita nei suoi affari interni attraverso i santi canoni e questo fin dall’epoca dei Concili Ecumenici, e la legislazione civile non è applicabile nella sua gestione interna, vista la legge di separazione fra Stato e Chiesa, ma soltanto nelle sue relazioni con la società del paese in cui è stabilita. Le sanzioni applicate non hanno niente di personale e non sono che un’applicazione dei canoni per un’azione gravissima commessa dal rettore della parrocchia in questione. Inoltre, le sanzioni non riguardano alcuna prerogativa del consiglio d’amministrazione, ma del solo vescovo.
Riguardo all’Istituto di Teologia “Saint-Serge”, che come ricorda la vostra dichiarazione «è un’istituzione di riferimento del nostro Arcivescovado, creata dal metropolita Evloghij», è deplorevole constatare che un gruppuscolo fra i membri del consiglio d’amministrazione dell’Istituto non si preoccupa che di una sola cosa: separarsi dalla Chiesa, non rispettando le decisioni del Santo Sinodo del nostro Patriarcato concernenti lo stato finanziario e accademico di questa istituzione. La decisione di sospendere l’insegnamento regolare in loco è stata presa senza consultazione con le autorità della Chiesa. È molto deplorevole che il consiglio d’amministrazione della diocesi accolga benevolmente una tale azione.
Le accuse di pressione su un monaco «per firmare dei falsi contro la sua coscienza e nel disprezzo del suo impegno monastico» costituiscono un’accusa ancora più menzognera. Il documento che il monaco in questione ha controfirmato con gli altri membri del tribunale ecclesiastico non aveva niente di falso, poiché non si trattava che di una decisione del tribunale, la cui questione abbiamo già trattato.
Infatti, l’Arcivescovado è esposto alle «conseguenze legali, finanziarie e d’immagine» che sono legate all’azione di un gruppuscolo che si è formato in seno al Consiglio, e molto prima della mia elezione, che si agita come un partito politico, e non cerca che di ottenere più potere a detrimento degli altri membri dell’Esarcato, e questo invece di vigilare all’integrità fisica e morale dell’Arcivescovado.
Sono certamente d’accordo che tutte le componenti dell’Arcivescovado debbano riflettere sull’avvenire del nostro Arcivescovado e sulle sue modalità di funzionamento, che devono essere quelle previste dai santi canoni e la tradizione millenaria della Chiesa e non quelle dei partiti politici e delle imprese.
Penso inoltre che sia deplorevole denigrare i nuovi membri del clero che si sono uniti all’Esarcato, fra i quali alcuni risiedono in Francia da molto tempo e hanno servito nell’Esarcato essendo separati dalla loro giurisdizione d’origine, e fra i quali alcuni hanno acquisito la cittadinanza francese.
Inoltre vi ricordo che un solo sacerdote del nostro Esarcato è stato sanzionato ad oggi e a causa di un atto gravissimo. Nessun altro sacerdote è stato sanzionato e, in alcuni casi, a discapito del buon funzionamento del nostro Esarcato e tralasciando i danni che hanno fatto subire all’Esarcato e alla Chiesa in generale. Qui non solo ho usato, ma ho abusato dell’economia del diritto canonico non applicando le pene previste. Inoltre, vi ricordo che i santi canoni prevedono delle sanzioni canoniche non solo per i membri del clero ma anche per i laici, poiché i membri del clero e i laici formano un solo corpo – la Chiesa, e tutti sono sottoposti alle stesse leggi, che non differiscono se non di molto poco. Il recente comunicato del consiglio presenta ancora una deformazione dei fatti. La domanda che è stata posta ai sacerdoti membri del consiglio era di verificare se essi fossero al corrente della dichiarazione, che non porta d’altronde alcuna firma e somiglia per di più a un falso. Non c’era alcun disprezzo, né minaccia.
Riguardo alla forma documentaria, la certificazione dei documenti ufficiali, come stabilisce il comunicato, non è che un uso nell’Esarcato e non è prevista né dagli statuti né dal diritto canonico. La doppia firma è necessaria secondo gli statuti per ogni pagamento che impegna l’Arcivescovado (quelle dell’Arcivescovo, del Segretario del Consiglio o del Tesoriere, vd. art. 50) e per le relazioni (processi-verbali) del CA che devono essere firmate dall’Arcivescovo e dal Segretario, mentre le copie o gli estratti del processo verbale possono essere firmate sia dall’Arcivescovo, sia dal Segretario, sia da due membri (art. 73). D’altra parte, nella tradizione millenaria della Chiesa, basta solo la firma di un vescovo per l’autenticazione di un atto.
Ironia della sorte, la dichiarazione e il comunicato del Consiglio dell’Arcivescovado presentano dei vizi di forma e di procedura, perché non portano alcuna firma prevista dagli statuti, dal momento che sono presentati nella forma di lettere anonime il cui contenuto è menzognero e diffamatorio.
Vi invito dunque a riflettere sulla modalità di funzionamento del Consiglio dell’Arcivescovado, in linea con l’Arcivescovo che ne è il presidente e basandovi sulla tradizione della Chiesa, dei suoi canoni e degli statuti del nostro Esarcato. E spero di trovare un momento di calma per poter riunire il consiglio in autunno affinché questo consiglio serva alla sua vocazione prevista dagli statuti: quella «di assistere l’arcivescovo» nell’amministrazione dell’Esarcato. Contando sulla vostra collaborazione e il vostro buon senso, invoco su voi la pace di nostro Signore,
+ Arcivescovo Job di Telmessos, Esarca del Patriarca Ecumenico
Parigi, il 16 luglio 2015
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