Cari reverendi Padri, Fratelli e Sorelle,
Entriamo nel periodo di preparazione al Natale, il digiuno dell’Avvento è già cominciato, così ora siamo orientati verso la celebrazione di un avvenimento che ha cambiato il corso del mondo: la nascita di Dio secondo la carne. Una tale affermazione non dipende che dalla fede, e non dalla razionalità. Colui che la fa, compie una scelta, impegna tutta la sua vita.
Il Cristo non nasce né a Roma né ad Atene. Non ha scelto né il potere né la ricchezza. Non ha neanche scelto Gerusalemme, la “città” in cui risiede la presenza di Dio nel tempio. Il luogo che ha sentito il primo respiro di Dio fatto uomo, è l’umile grotta di Betlemme. Allo stesso modo, poiché la scelta del Cristo ha fatto di noi dei cittadini di Betlemme, dobbiamo far nostra l’umiltà e la povertà della grotta. Dio ha fatto di questa borgata disprezzata e sconosciuta agli uomini il luogo per eccellenza della sua rivelazione. Ha scelto ciò che non era niente, ciò che era povero, ciò che era veramente umano, per dire agli uomini che anche Egli, il Dio creatore, voleva essere come l’uomo, vivere con lui, assumere tutta l’angoscia, la povertà, la tragedia dell’uomo, del piccolo uomo che tutti noi siamo. Natale è questa grotta, questa paglia, questi umili animali e due esseri poveri ma pieni di fiducia che guardano questo bambino che gli angeli proclamano con le parole: «un Salvatore vi è nato».
Poiché la nascita di Gesù a Betlemme non è un evento storico, perduto in fondo alla storia, e che non riguarda me, l’uomo del ventunesimo secolo. Il messaggio di Natale non si rivolge all’umanità in generale (che come tale non è niente), ma si indirizza ad ogni uomo in particolare, come persona. Raggiunge ogni anima in maniera unica, eccezionale. È a me che viene detto: «Ecco vi annuncio una grande gioia … oggi vi è nato un Salvatore» (Lc 2: 10-12). È a ciascuno di noi che questa gioia è annunciata. È per me che un Salvatore è nato. Natale è per ogni uomo un dono che bisogna saper accogliere e ricevere con fede e riconoscenza.
La natività del Cristo nella semplicità della grotta e della mangiatoia dichiara prima di tutto che Dio vuole essere contato fra i più poveri, fra i più umili della terra. Lo si troverà dunque fra i diseredati di questo mondo, il cui numero non cessa di crescere, fra i malati, i prigionieri, i peccatori e ogni anima sofferente. Il vero cristiano non desidera che una cosa: essere povero con Gesù, piuttosto che ricco senza Gesù. Preferisce abitare nella grotta con Gesù, Maria e Giuseppe, piuttosto che in una locanda dove non ci sarebbe posto per lui se dicesse Chi è. Inoltre, secondo la parola di Gesù nell’insegnamento ai suoi discepoli, chiunque l’amerà come Maestro deve sapere che non avrà posto in questo mondo, perché: «il Figlio dell’uomo non ha dove posare la sua testa» (Lc 9: 58).
La natività del Cristo è la festa del corpo mistico di tutti i battezzati, poiché è attraverso l’incarnazione che gli uomini sono divenuti membri del Cristo. San Paolo aveva ben compreso questo quando scriveva ai Corinzi: «Voi siete il corpo del Cristo, e membri ciascuno per la sua parte» (Cor 1: 12-17). Crediamo anche che con l’incarnazione è cominciata nella carne umana, in Gesù Cristo e negli uomini, un’unione ineffabile che supera ogni comprensione. Perché al di là dell’evento storico che avviene a Betlemme e attraverso il quale il Figlio di Dio prende un corpo umano visibile, accade un altro evento, che interessa tutto il genere umano: Dio, incarnandosi, sposa e prende la natura umana di cui noi partecipiamo e crea fra lui e noi una relazione che, senza smettere di essere quella fra Creatore e creatura, è anche quella fra il corpo e le membra. C’è unione delle due nature senza confusione. Natale ci permette così di prendere più profondamente coscienza di ciò che è la nostra propria natura: una natura umana, rigenerata da Gesù Cristo, come sottolinea san Leone il Grande: «Riconosci, o cristiano, la tua dignità e, ammesso a condividere la natura divina, non ritornare alla tua antica bassezza attraverso un modo di vivere degenerato. Ricordati di quale testa e quale corpo se membro» (Omelia per la Natività).
Possa quindi la Parola di Dio diventare in noi carne, luogo creato per il suo accoglimento, che essa entri nel nostro essere e lo trasformi. Che la forza di questa parola passi dall’esterno all’interno nelle nostre membra e che la legge dello Spirito la porti sulla legge della carne. La Natività del Cristo non avrà per noi un senso reale se la nostra carne non verrà trasformata, mutata e dominata dalla Parola divenuta carne.
Buona festa della Natività a tutti,
+ Jean, vescovo di Charioupolis,
vicario patriarcale e locum tenens
Nessun commento:
Posta un commento