Il clavicembalo ben temperato (il titolo
originale in tedesco è “Das Wohltemperirtes Clavier, oder Praeludia, und Fugen
durch alle Tone und Semitonia”) – una delle opere più note del grande
Kapellmeister Bach - è una raccolta in due volumi di preludi e fughe composte in
tutte le 12 tonalità maggiori e minori. In realtà il termine "clavier" non
indica in modo specifico il clavicembalo, ma semplicemente "tastiera", quindi
qualunque strumento a tastiera. Tuttavia, i preludi e le fughe del “Clavicembalo
ben temperato” vengono eseguiti normalmente al clavicembalo o al
pianoforte. Tra i due volumi dell’opera intercorre un intervallo di 22 anni.
Infatti, il primo libro fu composto scritto nel 1722 mentre Bach era a Köthen;
il secondo fu composto nel 1744, mentre si trovava a Lipsia.
E’ curioso il
fatto che le prime edizioni stampate comparvero nel 1801. Fino ad allora le
raccolte circolarono come manoscritti. Ciascuno dei due volumi contiene 24
preludi e fughe accoppiati e composti nella stessa tonalità, partendo dalla
prima in Do Maggiore, la seconda in Do Minore e via via salendo di semitono
seguendo la scala cromatica (Do#, Re, e così via) fino a completare tutte le
tonalità maggiori e minori.
Non tutto il materiale era di “prima mano” (ma
questo in quell’epoca era normalissimo). Alcuni preludi provengono dal
“Klavierbüchlein per Wilhelm Friedemann Bach” del 1720; il preludio e fuga in
Do# Maggiore nel libro I erano originariamente in Do Maggiore, Bach aggiunse
semplicemente i sette diesis in chiave per trasporre i due brani nella nuova
tonalità.
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(tratto da Wikipedia)
Secondo un'opinione diffusa quest'opera testimonierebbe il sostegno di Bach a un sistema di accordatura (temperamento) innovativo per la sua epoca, che molti identificano tout court con il moderno temperamento equabile. In realtà, ai tempi di Bach era definito "buon temperamento" qualsiasi sistema di accordatura che permettesse di suonare in tutte le tonalità, in contrasto con il temperamento mesotonico di uso corrente nei secoli XVI e XVII. Con il temperamento mesotonico, per poter suonare in tonalità con molte alterazioni in chiave era necessario avere uno strumento costruito appositamente con tasti distinti, ad esempio, per il RE# e il MIb, che in quel temperamento hanno altezze diverse (questo accadeva anche nelle arpe cromatiche a tre ordini n.d.r.). Ciononostante, il temperamento mesotonico continuò ad essere ampiamente usato per l'accordatura degli organi fino alla metà del XIX secolo
Gli esempi più antichi di "buon temperamento" sono quelli descritti dall'organista e teorico musicale Andreas Werckmeister nel 1691: fu proprio Werckmeister a coniare il termine "Wohltemperierte Stimmung" (buona accordatura). Ai tempi di Bach esistevano numerosi schemi di "buoni temperamenti", basati su diverse alterazioni degli intervalli di quinta (alcune giuste, altre calanti di un quarto di comma - come nel temperamento mesotonico - oppure in misura più ridotta, a seconda dello schema usato); con ognuna di queste accordature, dette "ineguali", era possibile suonare in tutte le tonalità ma l'alterazione di ciascun accordo rispetto alle consonanze perfette variava da una tonalità all'altra. Ogni tonalità acquistava in questo modo un "colore" caratteristico, che tuttavia dipendeva dal particolare "buon temperamento" adottato. Ai tempi di Bach era anche noto, a livello teorico, il temperamento equabile moderno, in cui tutte le quinte sono ugualmente calanti. Questo schema, che per alcuni teorici rappresentava la soluzione ideale del problema dell'accordatura, mentre per altri costituiva una soluzione inaccettabile perché basata su rapporti intervallari irrazionali, era comunque di difficile realizzazione nella pratica (in quanto non contiene nessun intervallo "giusto" che si possa usare come riferimento nel corso dell'accordatura, a parte ovviamente l'intervallo di ottava).
Resta da capire a quale specifico temperamento volesse riferirsi Bach nel titolo della sua opera. Raccolte simili a quella bachiana, compilate in quegli stessi anni da altri autori, testimoniano l'esplorazione di tutte le tonalità possibili, anche su strumenti non a tastiera: non vi è quindi motivo di credere che Bach abbia voluto scrivere quest'opera allo scopo di "promuovere" un particolare tipo di temperamento. Recentemente (2005) è stata avanzata l'ipotesi che Bach abbia voluto lasciare ai suoi allievi precise indicazioni sullo schema di temperamento da lui preferito, celate nel fregio calligrafico irregolare che lo stesso Bach ha posto sopra al titolo “Das Wohltemperirte Clavier” nel frontespizio del manoscritto autografo. Questa suggestiva ipotesi, dovuta a Bradley Lehman, è tuttora oggetto di controversie.
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Personalmente non amo il temperamento equabile, anche se sono costretto ad usarlo per motivi di praticità, perché rende tutto piatto. Ogni tonalità è uguale all'altra, semplicemente è più alta o più bassa, i rapporti armonici degli intervalli sono identici in tutte le tonalità ma nessuno di essi è “giusto”.
Tuttavia, quando accordo l’arpa, “tempero” sempre ad orecchio le quinte in modo ineguale e talvolta uso qualche “buon temperamento” storico e il risultato è eccellente, anche se - ahimè - dura poco: l'arpa non è proprio quel che si dice uno strumento stabile nell'intonazione e necessita di frequenti "ritocchi" nell'accordatura.
Vi propongo ora un articolo molto interessante sull'argomento:
JOHANN SEBASTIAN BACH ODIAVA IL
TEMPERAMENTO EQUABILE
di Alessio Di Benedetto da
Prospettive musicali - anno XVIII - N°1 - 2000
Abstract
In this article, entitled "J. S. Bach detested
the Equal Temperament" Alessio Di Benedetto proves the wrong ideas upon the
Equal Temperament as system really used in the musical praxis by J. S. Bach.
Many ideas, expressed by a lot of today's and past musicologists and by physical
acoustics, strengthen that J. S. Bach was not agreed upon the Equal Temperament.
"The Well Tempered Clavier" does not refer to EqualTemperament. This is a
theoretic fiction never imployed in the musical praxis and during the
performances. Bach always said. "Let us tune the third a little higher as the
pure third, but not so high as in the equal temperament". He preferred the
Modified Meantone-Temperament reconstructed by Herbert Anton Kellner, according
to the Baroc tra, aesthetically founded on the Affektenlehre: comma and
irregular and semi-regular temperaments (Kirnberger, Werckmeister, Neidhardt, G.
Silbermann...).
L'affermazione, che potrebbe apparire a tutta prima astrusa e provocatoria per la gran parte dei lettori dei "libri di testo" italiani, non è affatto un'iperbole, ma la pura verità. Da una parte, gli equalizzatori a tutti i costi hanno proseguito per troppi decenni a forza di fandonie, sicché gli storici che li appoggiavano si sono tenuti ben lontani dal cercare le prove e le dimostrazioni fisico acustiche al riguardo (ricordiamoci però che - ahi loro! - proprio la musica è qualcosa di molto fisico e molto acustico). Dall'altra i musicologi "equalizzati" hanno scritto la storia ufficiale sulla base di "ho sentito dire che Bach la pensava come noi"; ma mai una citazione di supporto, mai! Eppure, proprio in università, quegli stessi musicologi hanno sempre vietato ogni affermazione che non fosse comprovata da fonti originarie. Forse essi hanno creduto - a torto - che la denuncia di Marcuse fosse un fatto positivo nell'epoca barocca, ed hanno gridato in coro: "Viva il musicista ad una dimensione". Povero papà Bach.
Innanzitutto alcuni chiarimenti. Smettiamola di far finta che equalizzazione e temperamento siano la stessa cosa, altrimenti le nuove generazioni non si raccapezzeranno più.
"Temperare" deriva dal latino e significa moderare, lenire, distribuire in giusta misura (attenzione non in maniera equabile). La "giusta intonazione" di Gioseffo Zarlino ha per es. do-re = 9/8 e re-mi = 10/9; la loro differenza ammonta - perciò - al famoso comma sintonico 81/80. Ma allora che cosa si mitiga? Ebbene, ciò che subisce una giusta moderazione è l'intonazione naturale, dalla purezza della quale ci si discosta un po', in maniera tollerabile per l'orecchio. Decine e decine di temperamenti si sono avvicendati nel corso della storia della musica, in particolare a partire dal Rinascimento in poi. Vogliamo riferirci alle "accordature" di Zarlino, di Vicentino, al Mesotonico, al temperamento di Kirnberger, Werckmeister, Neidhardt, G. Silbermann, Mattheson, Serre, Sorge, Vallotti, Tartini, Gervasoni, Thomas Young e così via.
Un'altra specificazione è però a questo punto necessaria! Da un canto si può temperare in maniera eguale, ossia regolare: ad es. tutte le terze possono essere tra di loro equivalenti in ampiezza come nell'accordatura mesotonica. Dall'altra, sia le terze tra di esse, sia le quinte hanno intonazioni appena diverse per poter chiudere il circolo, nelle cosiddette accordature cicliche. In tal caso il temperamento si chiama ineguale o irregolare. Il temperamento a gradi equalizzati (questa è la dizione scientifica) è un caso particolarissimo ed unico di accordatura regolare, oltreché eguale e ciclica (anche se all'1,999...). Esso è talmente perfetto che esiste - però - solo nei sogni iperuranici dei suoi paladini. Pensate che in esso tutti i semitoni, tutti i toni, le terze, le quinte e le settime hanno la stessa ampiezza, all'interno della loro categoria, s'intende. Ma che numero, per immaginare do#=reb, mi#=fa ecc.! Lo leggerete "a puntate" un po' più avanti. Un numero infinito che non ha alcuna corrispondenza con nessun tipo di propagazione del suono, con nessun processo di elaborazione cocleare e mentale dell'uomo. Dodicimila terminazioni nervose si dipartono dall'orecchio sinistro ed altrettante da quello destro. Nessuna di esse sarebbe in grado d'intercettare un suono simile.
Ci chiediamo allora: chi l'ha inventata codesta teoria? E ancora: a che cosa serve? Alla prima domanda risponderemo nel corso dei prossimi interventi. Per quanto riguarda la seconda, forniremo alcuni elementi essenziali nel prosieguo del presente scritto.
Procediamo oltre. "Ben temperato" allora che cosa significa? (Attenzione: abbiamo detto "ben temperato", ossia buon temperamento, e "buono", fino a prova contraria, non significa "equalizzato", come gli studiosi di cui sopra vorrebbero far credere). Dicevamo "ben temperato". Proviamo a dare una definizione: un sistema di accordatura ineguale (l'ampiezza di tutti i toni, come pure dei semitoni è appena diversa), in maniera tale, però, da permette la chiusura del circolo delle quinte e terze con le ottave (l'accordatura di Kirnberger, allievo di Bach, è infatti ciclica). Ribadiamo: nulla di paragonabile al sistema a gradi equalizzati, che è solo una teoria per rendere possibile il confronto tra le decine e decine di temperamenti, ai quali si accennava poc'anzi. Non a caso, uno degli aspetti più essenziali dell'estetica barocca è quello di basarsi sull'accordatura mesotonica della scala (ossia del tono intermedio o meantone e mitteltonig). E siffatta scala tende a privilegiare la purezza degli intervalli più usati a quell'epoca, quelli di terza, a scapito degli altri, specialmente della quinta che ammonta - in essa o a 696,5 cents, invece che a 702 (circa 1/36 di tono più stretta).
Poiché nel corso del XVII sec., la musica strumentale - specialmente per tastiere - si autonomizza del tutto da quella vocale, questo tipo d'intonazione mesotonica (una via di mezzo fra do-re e re-mi) diviene in effetti necessario, al fine di semplificare le tecniche esecutive, tutto a vantaggio della complessità polifonica, scelta dalla musica occidentale come via maestra. Però, come puntualizza il teorico musicale R. M. Bosanquet (An elementary treatise on musical intervals and temperament, London, 1876, 29), Johann Sebastian Bach con il "Wohltemperirten Clavier" ("La tastiera ben temperata", edita in Italia come "Il clavicembalo [sic!] ben temperato") non ha inteso affatto il "temperamento a gradi equalizzati". Pensate che musicologi anche molto quotati continuano a scrivere che soltanto con tale sistema si possa modulare nelle 24 tonalità maggiori e minori. Invece, anche e soprattutto l'accordatura di Kirnberger, sulla quale Bach si è molto probabilmente basato permette di modulare in tutte le tonalità. Anzi queste per di più continuano a mantenere intatta la loro caratteristica sonora o Toncharakter, come l'ha chiamata Handschin.
Il musicologo tedesco Hans-Heinz Drager durante le giornate bachiane del 1950 a Lipsia ha giustamente fatto rilevare che, quando si parla di "fedeltà all'opera", "la falsificazione delle altezze, rispetto a quelle immaginate dal compositore, è un'offesa più irritante della falsificazione dell'accordo nelle esecuzioni sui moderni pianoforti a coda". E poi, riflettiamo senza preconcetti: se (ad. es.) do# e reb, re# e mib ecc., fossero tra di loro equivalenti secondo la teoria del "temperamento equalizzato" a che scopo comporre in tutte le 24 tonalità (12 maggiori e 12 minori)? A che pro impiegare diesis e bemolle. Perché mai scrivere proprio in quella tonalità di mi bemolle minore? Edonismo di bassa lega frammisto a superficiale virtuosismo, o qualcos'altro? Ricordiamo, innanzitutto, alcuni fatti.
Bach - come interprete e collaudatore d'organi - non si pronunciò mai - ad es. - contro l'accordatura mesotonica di Silbermann, col quale spesso collaborava. Si sa per certo, anzi, che il compositore espresse giudizi positivi circa l'organo Silbermann della "Chiesa di Nostra Signora" a Dresda, dopo un concerto del 1.12.1736; le parole esatte furono: "Egli costruisce degli ottimi organi". E se Johann Sebastian, collaudatore tanto preciso fino alla mania, impiegò l'aggettivazione "ottimo", riferendosi ad un organo costruito da Silbermann, la sua allusione era senz'altro riferita all'accordatura, non certo alla bellezza dei fregi sul somiere. (cfr.: E. Rupp, Die Entwicklungsgeschichte der Orgelbaukunst, 1929, 69).
In secondo luogo, dal punto di vista linguistico, la tesi del "clavicembalo equalizzato" (meglio, il clavicordo) è insostenibile, giacché in tedesco si direbbe, semmai, "Das gleichwebende [gleichstufige] Clavier". Inoltre, bisogna seguire la dizione Clavier - e non Klavier, termine ottocentesco riferentesi al pianoforte; di qui l'errore madornale commesso da Giulio Bas nel Trattato di Forma Musicale, edito dalla Ricordi (p. 345), ove sembra che J. S. Bach abbia composto "Fantasie per pianoforte" [sic!!!]. Clavier, pertanto, indica - nell'epoca barocca bachiana gli strumenti ad accordatura fissa (organo, cembalo, clavicordo, virginale, spinetta...). Rimane il secolare dissidio sul significato di wohltemperirte (non wohltemperierte).
Kirnberger, allievo di Johann Sebastian, cita nel suo trattato "L'arte della composizione naturale nella musica" una lettera di Philipp Emanuel Bach, nella quale quest'ultimo scrive:
"Puoi anche gridarlo che i miei princìpi fondamentali, come quelli del mio amato padre, sono anti-Rameau", ovvero contro ogni forma di iperrazionalizzazione della musica. Figuriamoci se i Bach avrebbero mai potuto accettare come valore del semitono la radice 12ma di due = 1,059463094359... (cfr.: A. Di Benedetto, Analisi Musicale, Carisch, 1994, par. 13.9.B).
D'altro canto, invece, è molto probabile che Johann Sebastian abbia usato proprio l'intonazione kirnbergheriana, ossia un'intonazione per quinte e terze sovrapposte (cfr.: A. Di Benedetto, Analisi Musicale, par. 13.8.). Ad ogni buon conto, anche Rameau, dopo aver appoggiato il sistema equalizzato nel Traité (1722), di poi, nel Nouveau Systême (1726), raccomanda un'intonazione mesotonica modificata (cfr.: M. Barbour, "Bach and the art of temperament", The Musical Quarterly, 1947, 78).
Contro ogni immaginazione, i temperamenti inequali mesotonico e kirnbergheriano furono applicati ed adoperati - nella prassi musicale fino all'Ottocento inoltrato; in particolare essi trovarono impiego negli organi, ove i gradi equalizzati risultano oltremodo sgraditi per la persistenza del suono in tali strumenti e quindi per i battimenti insopportabili e continui che si verrebbero a formare; rammentiamo infatti che tali battimenti si attenuano oltremodo nel pianoforte per il fatto che - in tale strumento - il suono "sfuma" quasi immediatamente dopo la percussione, occultando in tal modo siffatta cacofonia. (Edizione ottima del Wohltemperirtes Clavier, anche nell'ottica dei temperamenti inequali, è quella della Carisch, che si basa suII'Urtext di J. S. Bach: Milano, 1994).
Sentiamo, però, a questo punto, che cosa ne pensano dei "gradi equalizzati" due teorici odierni, Edward Brown e William Duckworth:
"Ad ogni modo, il temperamento equabile distrugge le caratteristiche proprie delle varie tonalità e degli accordi presenti nell'ambito del temperamento mesotonico". [W. Duckworth, E. Brown, Theoretical foundation of music, Belmont (California), Wadsworth Publishing Company Inc., 1978, 20].
Analoghe considerazioni si trovano in: R. L. Crocker, A history of musical style, ("Bach's instrumental works at Cöthen"), New York, Dover, 1986, 332: "Bach accordava come [Johann Caspar Ferdinand] Fischer (ed altri) avevano già fatto in precedenza, ovvero usando un temperamento 'a circolo' che ampliava l'ambito delle tonalità disponibili, sacrificando la purezza di quelle vicino al centro. In particolare Bach spinse tale ambito verso le sue estreme conseguenze, laddove le tonalità non erano più utilizzabili. Ciò si risolveva nelle ventiquattro tonalità disponibili ma, come dovrebbe essere ormai notorio, non nelle 24 tonalità a temperamento equalizzato. Le differenze di accordatura che ne derivavano [quindi i comma] non erano equamente distribuite fra tutte le tonalità. Anzi, quelle intorno al do magg. erano lasciate un po' più pure, perciò suonavano in maniera affatto diversa da quelle con cinque o sei diesis o bemolle - a discrezione però dell'esecutore che poteva aggiustare l'accordatura quando lo riteneva conveniente (possibilmente, un po' prima di eseguire un brano particolare)".
A commento del termine "ben temperato", impiegato da Carl Philipp Emanuel Bach nel Saggio di metodo per la tastiera, così si esprime la curatrice del testo Gabriella Gentili Verona:
"L'abitudine a considerare il 'Wohltemperirtes Clavier' come 'epitome determinante del temperamento equabile ha indotto a ritenere superato il problema dell'accordatura dal 1722, quando Johann Sebastian Bach pubblicava il primo volume di questa sua opera. La realtà storica è invece diversa. Da oltre un secolo studiosi come R. H. M. Bosanquet ("An elementary treatise on Musical Intervals and Temperament" - 1876) e H. Kelletat ("Zur musikalischen Temperament insbesondere bei J. S. Bach" 1960) hanno evidenziato la contrarietà di J. S. Bach ad un tipo di accordatura in cui l'eguaglianza degli intervalli fosse rigorosamente matematica. Per le esecuzioni al clavicembalo Bach, come molti altri suoi contemporanei, pare che riaccordasse ogni volta lo strumento per preparare un'esecuzione in una nuova tonalità spostando la "quinta del lupo" in una zona lasciata in disparte dalla composizione. (...) E assai probabile, quindi, che con il titolo 'Das Wohltemperirte Clavier' J. S. Bach intendesse una specie di temperamento mesotonico modificato come quello ricostruito da Herbert Anton Kellner nello spirito Barocco che considerava la Triade come simbolo della Divina Trinità. Quest'accordatura consente l'esecuzione in tutte ventiquattro le tonalità". [C. Ph. E. Bach, Saggio di metodo per la tastiera, trad. it. G. G. Verona (a cura di), Milano, Curci, (Il parte), 364, nota 131].
Ricordiamo anche la testimonianza di una musicologa, nonché "maga" dei sintetizzatori e della campionatura dei suoni. Vogliamo riferirci a Wendy Carlos, una delle studiose più quotate nonché realizzatrici al computer delle opere bachiane, secondo i temperamenti inequali dell'epoca barocca. A proposito di Bach, cosiddetto "padre del temperamento equabile", Carlos ha commentato nella maniera seguente:
"Questo è un mito troppo pubblicizzato. In realtà anch'io, anni fa, sono stata colpevole di credere che con Bach avevamo avuto il temperamento equabile e che i suoi 24 Preludi e Fughe erano l'opera che lo dimostrava. Sbagliato! Nonostante questo, certi miei amici hanno obiettato che non c'era ragione per cui io dovessi essere così purista da usare solamente le scale di Bach (...)" (W. Carlos, "Ritorno a Switched on Bach", Strumenti Musicali 148, Milano, Jackson ed., novembre 1992, 44). [Invece, la ragione c'è, giacché con le accordature alternative] "viene meglio il suono! Come dire, perché bisogna usare spezie e condimenti quando si cucina? Perché viene meglio il sapore. Non c'è bisogno di altre giustificazioni. Ma il miglioramento è sottile (...). A Bach non è mai piaciuto il temperamento equabile Aveva scoperto che rendeva le terze troppo impure, al solo fine di permettere modulazioni più ampie (...). Bach diceva sempre «Facciamo le terze un pochino acute Verranno di poco superiori alla terza pura ma non così acute come nel temperamento equabile» (Idem, 43).
A questo punto, vi starete forse chiedendo: servirà pure a qualcosa la teoria dell'equalizzazione! Ebbene sì, non è proprio da buttare in toto. Dobbiamo però difenderla contro i suoi paladini troppo convinti. Perciò Karg-Elert ebbe ad annotare in margine alla sua copia della Harmonielehre schoenberghiana: "Santo cielo, che dilettante".
Allora, siffatta teoria è vantaggiosa per mediare, mitigare e temperare le differenze d'intonazione fra i diversi gruppi strumentali e vocali. (Sottolineo: mitigare, che esprime pertanto "una tensione verso...”, non un punto fermo d'equalizzazione mediante un numero così preciso ed infinito, secondo il quale soltanto il Santissimo Creatore sarebbe in grado di accordare). Nell'orchestra, gli archi sono intonati secondo le quarte e quinte naturali; gli strumenti a fiato e gli ottoni, in particolare, seguono il principio della risonanza e delle armoniche; le arpe e i pianoforti, costruiti in base al temperamento, sono accordati ad orecchio, il quale ode secondo l'intonazione naturale; il coro tende all'intonazione pitagorico naturale e così di seguito. Per farla breve, l'orchestra odierna si basa su un'intonazione mista compresa fra rapporti di tipo pitagorico, armonistico naturale e temperati in maniera inequabile.
L'errore badiale commesso dai sostenitori a tutto campo dell'accordatura equalizzata consiste nel credere che l'equalizzazione sia un'effettiva prassi esecutiva e non un semplice sistema fittizio tutt'al più "ideale" (per gli equalizzatori, s'intende), ma di certo nient'affatto reale; e scambiare la teoria per la prassi, nel migliore dei casi è indice d'ignoranza, nel peggiore palesa uno stato avanzato di perversione mentale; infatti, nessuno si sognerebbe mai e poi mai d'affermare che il progetto di un ponte stradale sia il ponte già realizzato. Esistono senz'altro anche i cosiddetti "ponti ideali", ma essi hanno a che fare più che altro con le affinità elettive di romantica memoria.
Si diceva: sistema fittizio Questo permette solo e soltanto di differenziare le molteplici accordature avvicendatesi nel corso della storia; la finalità è quella di ovviare alla limitatezza degli strumenti ad intonazione fissa (ad es. liuto, chitarra, organo, cembalo, clavicordo, virginale, spinetta, pianoforte...). Ma, scusate, ancora una volta il paragone che può suonare un po' forte: chi si sognerebbe mai di "frenare" i campioni centometristi, giacché c'è un'infinità di persone, purtroppo costrette sulla sedia a rotelle? L'orchestra - è bene dirlo a chiare lettere - suona, ad ogni modo, sempre secondo la stupenda ed infinita varietà dell'accordatura naturale, come l'orecchio ode in base alle infinite sfumature molteplici dell'intonazione naturale.
Lo scopo mistificatorio dell’illuminismo odierno - purtroppo - è però andato ben oltre, forzando artatamente il pensiero di musicisti e teorici della portata di Andreas Werckmeister il quale era del tutto avverso al temperamento equalizzato. Egli, al contrario di ciò che sostengono i musicologi nostrani - persino nelle enciclopedie e nei testi universitari "più autorevoli" - propone nel Musikalische Temperatur (1691) quattro differenti accordature possibili. Fra di esse la terza è passata alla "storia vera" come "temperamento werckmeisteriano" che contiene 8 quinte perfette e 4 mesotoniche, ossia abbassate di 1/4 di comma. In riferimento all'estetica barocca, il linguaggio sonoro risulta tanto più trascinante e carico di "affetti" (ossia d'influenza etica e trasporto estatico), quanto più si serve delle differenze commatiche esistenti fra le molteplici tonalità. L'uso dei comma, a fini espressivi ed estetici, è dunque parte essenziale di tutta l'estetica barocca, non solamente di alcune idee sull'accordatura degli strumenti. Agli equalizzatori della più bell'acqua, ecco come risponde Werckmeister nell'Hypomnemata musica (1697), ironizzando sul "temperamento a gradi equalizzati":
"Finora non sono stato capace di approvare questa idea, poiché preferirei avere le tonalità diatoniche più pure, affinché il genere diatonico stesso, che è adoperato nella stragrande maggioranza dei casi, sia mantenuto il più naturale possibile" … "Alcuni credono che il temperamento, parificando tutte le consonanze, alla fine sarebbe stato apprezzato; perciò la musica, in avvenire avrebbe calcolato e misurato ogni cosa, a tal punto da equalizzare tutto, per poter suonare un Lied tanto in do che in do#". (Analisi Musicale, Carisch, 166).
Esigiamo in coro a questo punto una citazione altrettanto chiara che farebbe di Werckmeister il paladino dell'equalizzazione Non dimentichiamo mai che la scienza è quella branca del sapere che fornisce agli studiosi tutti gli elementi ed i dati affinché chi non è d'accordo con certe teorie possa dimostrarne il contrario senza incontrare "muri di gomma". L'assurdo delle credenze dei musicologi "equalizzati" è che queste non sono mai e poi mai sostenute da fonti attendibili oppure da citazioni autografe, come imporrebbe persino la più semplice tesina di laurea. Il fine mistificatorio nasconde però interessi troppo grandi. Cervelli illustri dovrebbero riconoscere di essersi sbagliati o - peggio ancora - di aver barato. Di casi "Ustica" e "Kennedy" è zeppa la musicologia ufficiale, la quale continua a sostenere le menzogne, in nome della commercializzazione dei testi che "vanno per la maggiore". (Cfr.: Analisi Musicale, Carisch, cap. 13. In particolare, 146, 166 71, 186: Bach, J. S.). C'è bisogno infatti di un'etica personale e scientifica incrollabili per riconoscere i propri errori. Così fece Anton Bruckner durante una delle lezioni di teoria dell'armonia da lui tenute presso l'Università di Vienna (9, nov., 1891):
"I miei insegnanti mi hanno detto che il nostro orecchio non tollera l'accordatura naturale, per la qual cosa è stata realizzata l'intonazione temperata. Anch'io, a mia volta, ho detto le stesse cose ai miei allievi, fino a quando un giapponese non mi ha fatto ascoltare uno strano armonium. - Ah, che suono meraviglioso! Ma non sono riuscito a spiegarmi il perché, fino al momento in cui egli stesso non mi ha detto: 'Questa è l'antica intonazione naturale'. Da allora in poi, non ho più affermato che noi non tolleriamo l'intonazione naturale".
Con queste parole, il sinfonista romantico Anton Bruckner chiede pubblicamente scusa ai suoi allievi per una delle tante falsità circolanti ad ogni piè sospinto nella cultura ufficiale, della quale egli stesso era diventato inavvertitamente un divulgatore privilegiato: i giudizi negativi sulle presunte asprezze e inascoltabilità dell'intonazione naturale, rinfocolati da un appoggio indiscriminato all'eufonico e fantasmagorico "temperamento equabile". (Idem, 146).
Anche presso Paul Hindemith il sistema temperato non ha mai riscosso alcun credito Esso risulta addirittura dannoso per l'orecchio - afferma il compositore tedesco - poiché in tal modo si distruggerebbe la possibilità da parte del nostro apparato uditivo di percepire le meravigliose sfumature dell'accordatura naturale. Come sostiene Hindemith nel suo Unteiweisung im Tonsatz a proposito degli intervalli temperati: "Proprio come il senso del gusto si altera e si guasta a forza di mangiare cibi con troppe spezie, allo stesso modo l'orecchio dimentica la percezione dei rapporti naturali a forza di ascoltare suoni sempre "oscurati" dal temperamento". (Cfr.: cap. "Temperierte Stimmung", 1940, 46).
Anche Tartini, Clementi, Beethoven e Chopin erano in disaccordo circa l'eventuale introduzione dell'equalizzazione nella prassi musicale. (Cfr.: M. Lindley e R. Turner-Smith, Mathematical Models of Musical Scales, Bonn, 1993, 61. Inoltre "Temperaments", in New Groves). E quantomeno paradossale, allora, adoperare strumenti antichi, quando poi non si è a conoscenza di tali fatti elementari, ma essenziali, riguardanti l'accordatura. Queste cose erano arcinote nel XVIII sec. È più che sufficiente sfogliare i trattati di Johann Quantz (1697-1773) o di Leopold Mozart (1719-1787), il padre di Amadeus, per rendersene conto.
Quantz annota nel suo Saggio per ben sonare il flauto traverso "che il suono con il diesis deve essere più grave di circa un comma nei confronti di quello con il bemolle. (...) [sì, proprio il contrario di ciò che ci hanno fatto credere]. Per es. sol# deve esser più basso di circa un comma rispetto a lab (...). E ciò va tenuto presente, proprio per tutti gli strumenti; eccetto che per lo strumento da tasto (Clavier)". [J. J. Quantz, Versuch einer Anweisung die Flöte traversiere zu spie/en, Berlino, 1752. Nuova ed., Lipsia, 1906, 187. Trattato sul flauto traverso, trad. it. S. Balestracci (a cura di), Lucca, Libreria Musicale Italiana Editrice, 1992) Saggio di un metodo per suonare il flauto traverso, trad. it. L. Ripanti (a cura di), Milano, Rugginenti, 1992].
Dal canto suo, Leopold Mozart afferma quanto segue, nel trattato da lui redatto sulla didattica del violino:
"Nello strumento da tasto, sol# e lab, reb e do#, fa# e solb, e così via, sono tutt'uno, grazie al temperamento. Ma, secondo i rapporti giusti, i suoni abbassati di mezzo tono (b) sono di circa un comma più acuti rispetto alle note alzate di un semitono (#). Per es. reb, è più acuto di do#; lab, più acuto di sol#, solb, più acuto di fa#, ecc. (L. Mozart, Versuch einergrundlichen Violinschule, Augusta, J. J. Lotter, 1756. Ed. facs., Wien, C. Stephenson, 1922; Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1956).
E’ ora infatti di dire a chiare lettere, in nome soltanto della verità storica e della scienza fisico acustica, che la divisione teorica dell'ottava in 12 parti equivalenti non si è mai e poi mai realizzata nella prassi musicale ossia nelle sale da concerto e neppure nell'orecchio umano.
Secondo la "storia ufficiale", invece, il "temperamento equabile" sarebbe stato presentato per la prima volta, o addirittura scoperto, intorno al 1700 da Andreas Werckmeister (falso!). Esso permetterebbe un modulare continuo da un tono all'altro con delle frequenze le più semplici possibili e le più idonee per ogni orecchio (falso!). Secondo tale coacervo di menzogne, l'accordatura a gradi equalizzati avrebbe avuto immediatamente successo nella musica classica contemporanea di allora (falso!), in quanto tale sistema d'intonazione, o meglio "compromesso con la natura" (Schonberg), lo si è teoricamente conosciuto e propagandato soltanto nel corso del XIX sec., trovando credito unicamente presso i teorici monisti.
La coartante semplificazione, con riferimento alla quale si afferma il principio mendace che tutti gli intervalli semitonici siano equivalenti tra di loro (radice 12ma di due), renderebbe impraticabile una reale prassi musicale, poiché (strano a dirsi!) troppo complessa in relazione a tale valore: 1,059463094359...
Per nessun motivo la teoria può trascurare le effettive modalità dell'ascolto musicale, in altre parole la tendenza al risparmio energetico di tutto ciò che vive, e quindi il fatto che l'orecchio comprende soltanto ciò che riesce ad analizzare. Noi, esseri umani, siamo creatori di senso. Il nostro cervello attribuisce sempre dei significati ad ogni cosa che percepisce. Più il messaggio è "semplice", dal punto di vista fisico acustico e matematico (1/2, 2/3, 4/5), maggiore sarà la sua comprensibilità semantica. Il temperamento equabile, all'atto pratico, è invece, per sua stessa definizione teorica, una "stonazione continua" e - se applicato - costringerebbe il nostro cervello ad una fatica indescrivibile di aggiustamenti costanti, in cui il deserto della significazione sarebbe il solo risultato finale ("L'uomo ad una dimensione").
Il sovraffaticamento, causato da siffatta ripartizione equabile dei suoni, esaurirebbe le nostre energie, limitando la nostra libertà interiore. Del resto come facevano già notare i filosofi greci da Pitagora a Platone, la giusta accordatura non è soltanto un fatto acustico ma etico. Alla maniera dell'insegnamento tibetano, i greci riaffermarono che la giusta intonazione corrisponde alla buona formazione interiore e alla giusta etica. Lanciare messaggi troppo complicati al nostro cervello, equivarrebbe a voler comunicare per radio, emettendo bande di frequenza opposte a quelle del ricevente. Un ammasso di linee sul foglio è captato e registrato dall'occhio come l'equivalente della figura geometrica regolare più similare.
Accade la stessa cosa pure con l'orecchio. Come afferma Martin Vogel, musicologo e già cattedratico dell'Università di Bonn, autore fra l'altro di numerosi testi sull'analisi musicale basata sull'accordatura naturale:
"L'orecchio ode economicamente (...), [ossia] l'orecchio ode nel senso dei rapporti sonori più semplici, 'sostituendo' il rapporto più complesso con quello più semplice".
Insomma, uno dei tanti modi in cui l'uomo
con il suo improvvido intervento va a turbare l'armonia del Creato...
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