Di Constantinos Charalampidis, da: Orientamento Spirituale dell'Europa. Edizioni KYROMANOS, Thessaloniki, 1997.
Ogni arte cela un suo ed esclusivo messaggio, naturalmente incomprensibile se non se ne conosce il codice silenzioso e mistico, che sono poi le linee, i colori e i volumi. Tentare di leggere un' opera d'arte e, nel nostro caso, un oggetto artistico appartenente storicamente e cronologicamente al mondo bizantino è quanto dobbiamo fare.
I pensieri ed i sentimenti dei bizantini sono impressi nelle opere dell'architettura, della pittura, della scultura e nei piccoli oggetti d' arte che si collocano in un amplissimo arco cronologico che va dai primi secoli del cristianesimo fino al 1453, alla caduta cioè di Costantinopoli sotto la dominazione turca.
L'arte bizantina, oltre a dilettare lo spettatore con i suoi capolavori, provoca e invita, attraverso il prisma di una visione spirituale-metafisica, ad una considerazione soprannaturale dei suoi eterni valori. Bisanzio, che continuò la tradizione come baluardo dell'arte antica, assimilò e descrisse in nuove forme rappresentative il mondo degli eletti dello spirito, costituiti dai santi e dai beati della Chiesa cristiana. La «colonizzazione» artistica dell'arte bizantina nell' Europa occidentale ha segnato il rinnovamento e la rivitalizzazione dell'arte europea. L'evoluzione artistica in Europa dunque si compì grazie all' influenza antropocentrica e cristocentrica della tradizione iconografica bizantina. L'arte bizantina, in altre parole, sia proponendo i suoi prototipi artistici sia offrendo esempi fortemente influenzati dall' antichità classica, realizzò il rinnovamento e favorì l'evoluzione artistica in Europa. Per sé Bisanzio riuscì a consolidare teologicamente e artisticamente il dogma del culto delle immagini e a dare soluzioni definitive a tutte le altre eresie cristologiche-spirituali da una parte, a porsi come Magistra Europae per la civiltà occidentale dall'altra.
Quando parliamo dell'arte di Bisanzio, ci riferiamo soprattutto alla capitale, a Costantinopoli cioè, nella quale fiorì l'arte imperiale e prosperarono i grandi laboratori di architetti e pittori che accettavano in tutto il mondo bizantino ordinazioni per la realizzazione di templi, delle chiese di monasteri, di mosaici e di affreschi. Il ruolo direttivo della capitale si realizzò grazie alla sua ecumenicità sovranazionale su tutti i popoli vicini e meno, svelando un'antica arte benedetta dell'ecumene. I popoli vicini ma anche l'Occidente furono colpiti dalla bellezza spirituale, dalla perfezione espressiva, dalla certezza metafisica, dalla pienezza dogmatica e dalla funzionalità sacrale dell'arte bizantina. Erano i messaggi e gli immutabili valori che esprimevano quotidianamente i luoghi di culto interamente affrescati dei bizantini. Inoltre la sacralità orientale delle forme, la qualità didattica dei programmi iconografici, la narratività classica delle narrazioni bibliche e la loro importanza educativa rappresentavano i segni caratteristici attraverso i quali si compiva la trasfigurazione spirituale dei fedeli.
La grecità dell'arte bizantina rivelava gli ideali della formazione e dell'affinamento della mente, dell'intelletto e della sapienza, che però, trasformati nella «luce del Tabor» avevano assunto le dimensioni metafisiche della sapienza secondo Dio. Inoltre, grazie allo spirito ellenico, poté compiersi la vittoria contro i nemici delle immagini e la fondazione dogmatica del culto di esse. Si stabili così un idioma artistico unitario, più sapiente di altri, con l' attività di artisti e di intellettuali di Costantinopoli, per tutta la durata dell'impero bizantino. Le profonde riflessioni dei sapienti e degli scrittori della Chiesa si stamparono in rilievo nelle opere figurative dei bizantini. Antichità e Bisanzio risultarono il punto di convergenza artistico dell'Impero e della sua Capitale. L'idioma artistico bizantino continuò come lingua della tarda antichità, cosa che vediamo nella produzione iconografica dei personaggi e degli episodi biblici.
I bizantini dipingevano sempre avendo presenti i modelli degli ultimi secoli dell'antichità (IV-VII secolo d.C.). Il passaggio storico dalle grandi monarchie antiche alla monarchia cristiana di Bisanzio portò con sé anche l'accettazione dello stesso stile e delle rappresentazioni plurime di personaggi noti dalla tarda antichità. Famose sono le rappresentazioni della Deisis, del Giudizio Universale o ancora dei Santi come filosofi o generali romani e degli imperatori in tutto il loro regale splendore. Bisanzio non abbandonò mai le concezioni estetiche e gli accorgimenti tecnici del mondo greco-romano e questa «lingua» costituì l'ossatura e la sostanza del suo messaggio artistico in tutto l'arco della sua esistenza. In questa forma, il messaggio bizantino influenzò i «Rinascimenti» o «Renovationes» occidentali, pur nella particolarità dei rapporti che ognuno di essi ebbe con l'antichità. I «Rinascimenti» bizantini che si succedevano l'un l'altro furono il risultato delle forze artistiche e delle esperienze teologiche che concorrevano allo sviluppo della vera tradizione.
Tuttavia i nuovi elementi inesistenti nell'arte antica e caratterizzanti l'iconografia bizantina si riferiscono alla sua certezza metafisica, nella dinamicità esistenziale e nella sua identità escatologica. Le nuove forme e le complesse rappresentazioni dei personaggi sacri, degli avvenimenti biblici e degli episodi della vita della chiesa accentuano il carattere di mistero degli avvenimenti, la santità degli eroi religiosi e la loro personalità trasfigurata in un mondo di vittoria escatologica e di gloria paradisiaca. Le dimensioni trascendentali delle forme umane, le espressioni astratte dei loro gesti, i colori eterei dei loro abiti e l'intensificazione estimativa in genere nell'esecuzione di tali raffigurazioni rappresentano la novità dell'iconografia bizantina. Questo «nuovo» preannuncia il mondo degli «ultimi» e la risurrezione degli uomini e rammenta allo spettatore dell'agiato occidente e della perfezione meccanocratica i messaggi più speranzosi e ottimisti del riscatto e della salvezza dell'anima.
Queste nuove forme che si inaugurano nell'iconografia orientale già dal I secolo in Siria e più tardi, nel III secolo, in Asia, sulle coste del Nord Africa, in Italia e in tutto l'Occidente, rispecchiano innanzitutto la loro rappresentazione greco-romana e poi la loro espressione astratta e metafisica in una scala che arriva a toccare l' elemento sacro e religioso. Queste forme bidimensionali trasfigurate che realizzano le due nature, quella umana e quella divina (il monofisismo fu sempre combattuto dall'arte bizantina) rivelano il dogma redentore dell' incarnazione di Cristo e il quotidiano insegnamento ecclesiastico del riscatto dell'anima e del corpo umani. Questo modo rappresentativo anticlassico (diremmo, secondo i dati tramandatici dall'antichità classica) dei santi, dei personaggi e degli avvenimenti sacri ricorda le esperienze orientali, dal Medio all'Estremo Oriente, per la posizione astratta e sacrale da una parte, statuaria dall'altra degli dei, degli eroi e delle complesse rappresentazioni negli oggetti artistici di questi popoli. Questa sacralità orientale preannuncia la certezza metafisica che ogni oggetto artistico, nello spazio bizantino religioso, tenta di enfatizzare. La perfezione espressiva dell'iconografia bizantina poggia su fattori di tecnica e di stile, come la varietà cromatica, la perfezione del disegno e la particolarità decorativa.
L'artista bizantino, con il nuovo stile, formula o meglio esprime i suoi temi, quelli che ignorava il collega dell'arte antica. Infatti dagli ultimi secoli dell'antichità alcuni artisti nazionali e poi ovviamente tutti quelli cristiani avevano assecondato il bisogno di una rappresentazione percepibile solo con «gli occhi dello spirito», perché rivelatrice del mondo invisibile. Vale a dire, da Plotino in poi, che la visione «fenomenica» limitata all'immagine colta dagli occhi del corpo, può arricchirsi di una funzione più elevata e permettere allo spettatore informato di vedere la realtà «noumenica», la sola realmente esistente. Lo spettatore può così vedere il «Nous» neoplatonico o il Dio e il mondo ideale che lo circonda.
Un caso paradossale, rendere cioè visibile l'invisibile, fu la grande realizzazione dell'iconografia bizantina dopo la fine dell' antichità classica e questo grazie alla tecnica astratta poc'anzi ricordata, con la scomparsa del volume, dello spazio, del peso, della corporalità, della consueta tipologia di gesti, delle forme e dei colori, di tutto quanto insomma dà il senso della materia. Così smaterializzata, la raffigurazione dichiarava la rappresentazione dell'intelligibile. Lo scopo dell' arte bizantina divenne così unicamente uno, nel tentativo di indirizzare lo sguardo umano verso il sovrasensibile; il solo che valga la pena di essere visto, ammirato e fatto proprio dal cristiano. Nell'ambito di questo principio artistico-ideologico della società bizantina si spiega molto bene perché gli artisti orientali da una parte concentrarono il loro interesse sull'esecuzione di temi teofanici (rappresentazioni della Majestas Domini) e i pittori occidentali dall'altra si dedicarono soprattutto ai soggetti infernali e satanici del periodo medioevale.
L'orrore dell'inferno, i diavoli mostruosi e le altre terrificanti scene sono quasi del tutto assenti dall'iconografia bizantina, mentre altri popoli dell' Oriente, come per esempio gli Iraniani, o dell'Occidente si mostrarono disponibili ad accogliere l'iconografia dell'orrore e della perdizione. L'arte bizantina non fa smorfie e non spaventa né terrorizza gli spettatori. E per natura prudente e rifiuta il rumore, l'intimidazione e la violenza. La grandezza etica e spirituale di questa arte si conservò inalterata in tutte le sue fasi evolutive nonostante gli sporadici tentativi di introduzione di elementi stranieri. Regola dell'arte bizantina è non rendere mai con esattezza la realtà materiale circostante. Suo unico scopo è esprimere, con astratta schematicità, la dinamicità, esistenziale elargitale dalla parola del Vangelo e dall'insegnamento della Chiesa.
Se in Occidente cambiarono le cose dopo il Rinascimento italiano, Bisanzio restò fedele alle sue idee metafisiche e portò avanti un'arte liturgica eseguita a misura d'uomo in vista della sua santità, e della sua salvezza. Alla luce di questo programma ideologico dell'iconografia bizantina si spiega la grande produzione, già, dal VI secolo, di icone portatili eseguite con la tecnica dell'encausto, davanti alle quali il fedele prega pubblicamente o privatamente. L'icona, che rappresenta una parte del regno di Dio sulla terra, malgrado la bufera iconoclastica, dopo la riabilitazione delle icone (843), riacquistò nuova gloria e apprezzamento nello spazio pubblico e privato della Chiesa. Bisogni personali, comunali e nazionali e problematiche dei bizantini si discutevano davanti alle icone per la mediazione salvifica dei santi a favore dei fedeli.
L'icona diventa il rifugio del credente dalle preoccupazioni quotidiane in ogni momento della sua vita. Davanti ad essa il fedele trova protezione, mentre contempla l'immobile, l'uniforme, l'immutabile e il semplice del vero Intelligibile. In essa domina l'immobilità, assoluta nella posizione ieratica e l'equilibrio nella funzionalità, dinamica dei personaggi sacri rappresentati. L'arte bizantina riuscì ad inaugurare una lingua artistica dotata della forza espressiva del mondo metafisico e della perfezione escatologica. Da questo suo ammirabile successo conseguì una straordinaria irradiazione e una perfetta ecumenicità, in tutti i paesi cristiani dell'Oriente e dell'Occidente.
L'arte bizantina, definita, agli inizi del nostro secolo, arte «di forza religiosa e di cultura umanistica» dall'archeologo austriaco Josef Strzygowski, diviene vera arte europea. La congiunzione dell'elemento religioso, politico e umanistico fissa un solo e autentico punto di vista degli studiosi della storia dell'arte bizantina su di essa. Siccome dunque l'iconografia bizantina, come si è detto, enfatizza l'elemento intelligibile e trascendente e rappresenta, soprattutto nell' icona portatile, il «modello», come rappresentante essa stessa dell'«archetipo», stupì e finì per divenire elemento di elevazione nell'orizzonte spirituale degli Europei occidentali.
Il valore personale dell'icona assume dimensioni trascendenti, rapporti di identificazione con il divino rappresentato, diventa specchio di visione degli «ultimi». Con questo fondamento ideologico, l'iconografia bizantina, che riuscì ad organizzare la decorazione colorata dell'interno dei luoghi sacri in un solido sistema spirituale ed ottico e a dare soluzione definitiva a problemi morfologici, ha, come tutti riconoscono, offerto molto all'Occidente, ha portato la creazione artistica nel nord slavo e ha dato persino al mondo islamico e giudaico, nemico della rappresentazione iconografica, qualcosa del suo entusiasmo rappresentativo.
Il ruolo didattico dell'arte bizantina davanti all'Occidente ma anche all'Oriente fu fertile e evolutivo. Il desiderio di apprendere, soprattutto degli artisti occidentali e slavi, si combinò, dentro l'evoluzione storica, nel modo più efficace, con l'abilità didattica degli artisti bizantini. Perciò raramente esiste una relazione tanto produttiva fra il discente (occidente e mondo slavo) e il maestro (Bisanzio) come nel nostro caso. L'impresa si realizzò grazie alla grande capacità di adattamento delle forme bizantine, dei temi e dei disegni e in generale grazie all'apparentemente facile apprendimento della lingua bizantina delle forme, cosa che attraeva il discente. Come si vede, l'imitazione di certi elementi e caratteristiche dell'arte bizantina era in apparenza facile ma la familiarizzazione sostanziale delle cose impossibile. Così nei paesi europei occidentali e slavi si diede vita ad eccezionali attività artistiche aventi come base l'insegnamento del mondo bizantino. La valutazione comunque più significativa dell'arte bizantina è che essa divenne una reale guida, la maggiore, tra l'antichità e l'arte gotica, secondo il giudizio del bizantinologo austriaco Otto Demus.
I messaggi dell'arte bizantina sono molti e certi beneficarono, come si è detto, e ancora beneficano l'Occidente e l'Oriente. La civiltà europea contemporanea offre innumerevoli testimonianze della fertilissima influenza bizantina che è sia da museo, sia storico-filologica ma anche morale per il carattere del cittadino europeo occidentale. Però un messaggio molto forte e imposto dai fatti si riferisce alla proiezione ecumenica dell'iconografia nell'ambito del cosiddetto dialogo teologico tra le due chiese, l'ortodossa e la romano-cattolica. Il carattere ecumenico dell'iconografia bizantina diventa l'interprete e l'illuminatore del cristianesimo occidentale per le verità storiche e dogmatiche dell'ortodossia, l'Α e l' Ω della sua teologia. Frutto del fascino estetico di questo cristiano dalla visione degli oggetti artistici di Bisanzio, deve essere la sua conoscenza teologica delle rappresentazioni su icone. Debito delle due chiese è la messa in pratica di questi messaggi ecumenici e dei valori trascendenti dell'iconografia bizantina per una nuova «convivenza» tra Oriente ed Occidente «nel nome di Cristo».
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