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lunedì 15 febbraio 2016

Quando le azioni parlano più delle parole: L'incontro tra il Papa e il Patriarca Kirill Francesco e il vertice di sicurezza a Monaco di Baviera

Di Paul L. Gavrilyuk

Nell’entusiasmo globale per l’incontro “storico” fra il Papa di Roma Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill e per la Dichiarazione Congiunta sottoscritta dai due Primati, si è levata più di una voce se non di critica almeno di sottolineatura delle contraddizioni tra le buone intenzioni e la realtà. Ed anche su alcuni punti della Dichiarazione che, passata l’ebbrezza dell’entusiasmo del momento, pongono degli interrogativi e degli spunti di riflessione. Vi propongo una di queste voci, a mio parere molto interessante, quella del Prof. Paul L. Gavrilyuk, teologo e storico ucraino.

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Il 12 febbraio 2016, due eventi di alto profilo si sono svolti in diverse parti del mondo. Il primo è stato l'incontro tra il capo della Chiesa Ortodossa russa, il patriarca Kirill, e Papa Francesco all’aeroporto di L'Avana, Cuba. Il secondo è stato il giorno di apertura del vertice di sicurezza a Monaco di Baviera, in Germania. Gli ordini del giorno di entrambe le riunioni convergevano su come affrontare la crisi dei rifugiati in Siria e la situazione in Ucraina.

Mentre il mondo cristiano ha salutato l'incontro all’Avana come un passo verso la pace e l’unità della Chiesa, l’incontro di Monaco di Baviera ha sollevato seri dubbi circa le intenzioni di Mosca. Sullo sfondo della riunione di Monaco di Baviera, le parole della Dichiarazione Congiunta tra il Papa e il Patriarca appaiono come una debole copertura di azioni aggressive del Cremlino.

Papa Francesco e i suoi predecessori hanno a lungo desiderato di incontrare il capo della Chiesa Ortodossa russa. In passato, i Patriarchi russi hanno evitato tali incontri, temendo una forte opposizione all’ecumenismo e all’Occidente da parte di diversi gruppi tradizionalisti. Tali gruppi esistono in tutti i paesi ortodossi, ma in Russia trovano molti simpatizzanti tra i vescovi.

In effetti, la più significativa realizzazione teologica del Patriarca Kirill, la sua dottrina del Russkii Mir (il “Mondo Russo”), prevede uno scontro tra la civiltà ortodossa e la “civiltà occidentale senza Dio”. Il Patriarca ha promosso la diffusione del Russkii Mir in aree con popolazione di lingua russa, compresa l'Ucraina e la Bielorussia. L’ideologia del Russkii Mir è in antitesi con l’unità dei cristiani e ha forti implicazioni anti-ecumeniche. Per il Patriarca incontrare il Papa significa ammettere pubblicamente che l'Occidente non è uniformemente senza Dio, come l’ideologia del Russkii Mir afferma, e che ci sono legittimi cristiani in Occidente. Quindi, l’incontro con il Papa è stato un passo rischioso per il Patriarca, ma questi lo ha intrapreso, nonostante i suoi svantaggi. Qual è stata la sua motivazione principale?

Il Patriarcato di Mosca ha dato scarse indicazioni di sperare che le sue relazioni con il Vaticano possano migliorare a seguito dell’incontro. In realtà, i suoi portavoce ufficiali hanno sottolineato che il Patriarca non avrebbe pregato con il Papa né avrebbe fatto alcun passo concreto verso il ristabilimento della piena comunione. Lo scopo dichiarato della riunione è stato la firma della Dichiarazione Congiunta che ha affrontato varie questioni urgenti, tra cui la crisi dei rifugiati in Siria e la situazione in Ucraina.

C’è molto da ammirare circa le speranze per l’unità espressa nella dichiarazione comune; è naturale per le persone di buona volontà salutare tale documento come un passo simbolico verso il miglioramento delle relazioni tra le due Chiese. Tuttavia, quando il linguaggio della Dichiarazione Congiunta è confrontato con le azioni di Mosca, emerge un quadro molto diverso.

La Dichiarazione sottolinea giustamente che “migliaia di vittime sono già state rivendicate nelle violenze in Siria e in Iraq” e che “aiuti umanitari su larga scala devono essere garantiti alle popolazioni colpite e ai molti rifugiati in cerca di sicurezza in terre vicine” (par . 10). A suo merito, Papa Francesco ha invitato tutte le parrocchie cattoliche in Europa e in tutto il mondo a ricevere una famiglia di rifugiati. Il Patriarca Kirill non ha espresso alcun interessamento comparabile e non ha fatto nulla pubblicamente per cambiare l'atteggiamento generalmente negativo della popolazione russa nei confronti dei rifugiati.

Come è stato pubblicamente riconosciuto al vertice di Monaco, il bombardamento di Putin in Siria ha esacerbato, piuttosto che aiutato a contenere il problema dei rifugiati. Come il Segretario di Stato Usa John Kerry ha sottolineato, gli attacchi russi in Siria hanno ucciso un numero sproporzionatamente grande di cittadini pacifici. Mentre il Patriarca Kirill ha taciuto sulla questione, il suo ex portavoce, p. Vsevolod Chaplin, ha chiamato gli attacchi russi contro la Siria una “guerra santa”. Per il Patriarca russo, la crisi dei rifugiati in Siria esiste solo sulla carta; per il presidente russo, fornisce un mezzo per destabilizzare l'Europa.

Affrontando la situazione ucraina, la Dichiarazione Comune di Papa Francesco e del Patriarca Kirill afferma: “Deploriamo le ostilità in Ucraina che hanno già causato molte vittime, inflitto innumerevoli ferite ai pacifici abitanti e gettato la società in una profonda crisi economica e umanitaria” (par. 26). Il riferimento alle “ostilità in Ucraina” consente una vasta gamma di interpretazioni, da un benigno desiderio per la pace nella regione ad una ideologica copertura dell’invasione militare russa dell'Ucraina.

Immaginate se il presidente dell'Unione Europea e il presidente russo firmassero una dichiarazione congiunta in cui dovessero semplicemente “deplorare le ostilità in Ucraina” e in alcun modo mancassero di riconoscere il ruolo della Russia nel conflitto. Tale pezzo di demagogia avrebbe l’effetto di legittimare l’aggressione continua della Russia nella regione.

Al vertice di Monaco di Baviera, i funzionari russi hanno parlato delle tensioni in Ucraina come una di una “guerra civile”, provocando una protesta rumorosa del presidente ucraino Petro Poroshenko, che ha detto, rivolgendosi Putin: “Questa non è una guerra civile in Ucraina, questi sono i tuoi soldati che hanno occupato il mio paese. E quella della Siria non è una guerra civile, sono i tuoi aerei che bombardano popolazioni civili. E questa è solo la dimostrazione che viviamo in un universo completamente diverso da quello della Russia!” Infatti, sia il presidente russo che il Patriarca russo vivono in un universo differente, chiamato Russkii Mir.

Il Patriarca russo non ha mai avuto il coraggio di confrontarsi con Putin sulle sue attività militari (omicide, nell’originale. Ndt) in Ucraina, che continuano a mietere vittime fra i soldati e i civili ogni giorno. È stato il Patriarca Kirill che ha articolato la dottrina del Russkii Mir, che ha fornito carburante ideologico per la guerra russa in Ucraina. L’apatia del Patriarca nei confronti dei rifugiati, il suo chiudere un occhio alla guerra di Putin in Ucraina, la sua promulgazione del Russkii Mir - queste azioni concrete si scontrano con le pie generalità della Dichiarazione Comune.

È altrettanto deplorevole che il linguaggio vago della Dichiarazione Congiunta ne permetta il fraintendimento (abuso, nell’originale. Ndt) nella guerra di informazione della Russia contro le chiese in Ucraina. Si consideri, ad esempio, la formulazione del paragrafo 27 della Dichiarazione Congiunta: “La nostra speranza è che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato attraverso le norme canoniche vigenti.” Mentre il documento continua a parlare di cooperazione tra le diverse chiese, questa dichiarazione sarà interpretata dai funzionari della Chiesa Ortodossa russa come un’approvazione delle prerogative esclusive della loro Chiesa di intervenire e di risolvere le divisioni della chiesa in Ucraina.

Ciò che la dichiarazione omette di ricordare è che un atteggiamento sciovinista verso la lingua ucraina e il popolo ucraino, che viene incoraggiato dalla Chiesa Ortodossa russa, è al centro delle tensioni e delle divisioni esistenti. Nel lungo termine, Putin sta combattendo una battaglia persa per se stesso e per il suo popolo.

Finché il Patriarca russo continuerà a servire come suo ideologo, resisteranno e cadranno insieme in questa battaglia politica. Le loro azioni e il loro stile di vita continuano a parlare più forte della loro demagogia. La domanda che i cattolici e gli altri dovrebbero porsi è questa: L’autorità del Vaticano dovrebbe essere male usata per dare credito alla guerra di informazione della Russia contro il mondo?

13 febbraio 2016

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