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venerdì 12 febbraio 2016

Verso Cuba: Kirill e Francesco, tre aspetti dell’incontro

Di Vladimir Zelinskij

Il mondo cristiano aspettava quest'incontro dall’inizio degli anni '90, se non prima. Ed ecco, arriva come per miracolo, ma in un modo ben pianificato, calcolato fino all’ultimo dettaglio e nello stesso tempo in una maniera improvvisa: l’incrociarsi per caso all’aeroporto di un paese lontano. Non è così lontano, però, come può sembrare. Cuba vive ancora sotto l’ombra dell’Unione Sovietica, paese in cui lo Stato decideva tutto: la quantità delle immagini, la qualità dei commenti, ma anche il quadro generale di un avvenimento. Un paese con radici cattoliche, in cui non ci sarà nessun disturbo da parte degli ortodossi che sono “contro”. Il paese-amico della Russia attuale che porta avanti, anche oggi, la sfida al nemico del Nord.

L’annunciato incontro del Patriarca di Mosca e del Papa di Roma presenta tre diversi aspetti: politico, ecumenico, spirituale o, se vogliamo, mistico.

L’ambito della politica

La dimensione politica è la più evidente; negli anni novanta il Patriarcato di Mosca rifiutava sempre le visite dei papi per due problemi non risolti: quello del proselitismo cattolico sul territorio canonico della Chiesa Ortodossa Russa e quello dell’aggressione degli uniati contro le diocesi ortodosse nell'Ucraina occidentale. L’Occidente, anche se molto benevolo verso la Russia, capiva male questi argomenti. Perché il Papa, che viaggia in tutto il mondo, non può andare in un paese cristiano? Tante volte ho sentito questa domanda retorica. Il problema del proselitismo non è tanto comprensibile per la mentalità occidentale; prima di tutto per la libertà di coscienza che significa, tra l’altro, anche libertà di missione, indiscutibile per tutti. Poi, la Chiesa cattolica non conosce il concetto di «territorio canonico»; essa lavora in tutti i paesi che presentano una parcellazione delle religioni e si sente dappertutto a casa sua e non vede male quando una cattedrale ortodossa sorge a due chilometri da San Pietro. Oggi, però, con l’aiuto dello Stato il proselitismo è diminuito in modo notevole in Russia; invece noi, ortodossi in Italia, celebriamo spesso nelle chiese cattoliche: un’accoglienza quasi di routine, ma per ora impensabile all’Est dove nessun tempio ortodosso è stato prestato ad un’altra confessione.

Per quanto riguarda il problema spinoso dell’uniatismo, ancora meno conosciuto, si tratta del penultimo atto di una guerra, dichiarata o fredda, che dura dal 1596, quando fu firmato un accordo di unione tra Roma ed alcune diocesi ortodosse - che all’epoca si trovavano nel territorio della Rzeczpospolita, l'attuale Polonia -, diventate cattoliche di rito bizantino. Nel XX secolo il regime sovietico ha cancellato questo pezzo della Chiesa di Roma annettendolo alla Chiesa di Mosca. Con il crollo del regime i greco-cattolici (o uniati) sono usciti dal sottosuolo, hanno recuperato le loro chiese, spesso con la violenza. Per questo le tre diocesi ortodosse ucraine sono rimaste quasi senza luoghi di culto. L’ultimo atto è la guerra attuale tra l’Ucraina e la sua parte ribelle, la cosiddetta Novorossija. La Russia sostiene quest’ultima e la Chiesa greco-cattolica appoggia, naturalmente, il governo di Kiev e nessuno sa come si possa risolvere questo problema.

Il «rischio ecumenico»

In realtà il patriarcato di Mosca vorrebbe evitare proprio l’aspetto ecumenico o almeno relegarlo a margine. Certamente si può aspettare una dichiarazione congiunta sul flagello islamista che ha colpito i cristiani in Siria e in Iraq; molto probabile anche che sentiremo le parole necessarie sulle piaghe morali del nostro tempo (guerre, matrimonio, aborto, bioetica…) e questa posizione apertamente condivisa avrà un suo significato ecumenico. Certo, ma per quanto riguarda le dichiarazioni buone e giuste, il mondo ne ha sentite abbastanza; ciò che veramente importa è il gesto fraterno, sorprendente, ispirato dallo Spirito come quello di Paolo VI e di Atenagora che hanno cancellato gli anatemi del 1054. Ma Mosca non ha mai scomunicato Roma e questo vuol dire che in nessun modo è vincolata dall’obbligo di compiere gesti simbolici straordinari. Di più; nel mondo ortodosso l’ecumenismo, nell’ultimo quarto di secolo è restato sotto grave sospetto. Il Patriarcato di Mosca ha già detto di no alle preghiere condivise. Se il Patriarca Kirill personalmente non è così fondamentalista, egli deve tener conto della resistenza nascosta, ma molto forte, all’interno della propria Chiesa. Non so con quale gesto il Papa andrà incontro al Patriarca, ma quest'ultimo sa bene che il loro abbraccio sarà fotografato, moltiplicato e potrà essere utilizzato contro di lui. Il Papa può abbracciare chi vuole, lui non rischia nulla.

E c’è lo Spirito

Ma c’è anche un aspetto provvidenziale, mistico, primaverile… Nella misura della meraviglia del primo incontro dei capi terrestri delle due Chiese cristiane più grandi del mondo. Questo incontro può essere ridotto soltanto al pezzo di carta con le parole comuni e ai mille favorevoli commenti sulla stampa? Tanta gente prega che da questo incontro esca qualche cosa che solo lo Spirito Santo è in grado di regalarci. Ciò che noi, teologi, commentatori, politici, incuriositi non aspettiamo. Ma la preghiera e la speranza non hanno bisogna di spiegazione intelligenti.

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