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mercoledì 21 settembre 2016

8 / 21 Settembre: Natività della Tuttasanta Madre di Dio e Semprevergine Maria

La prima grande festa dell’anno liturgico bizantino, che inizia il 1° settembre (il 14 del calendario civile), è la nascita della Santissima Madre di Dio, l’8 settembre (21 del calendario civile). Sorta dapprima a Gerusalemme, questa celebrazione si ricollega alla dedicazione di una chiesa, nel luogo tradizionalmente indicato come la casa di Anna e Gioacchino; dal VI secolo venne festeggiata anche a Costantinopoli e più tardi a Roma. Alcuni dati dell’avvenimento, quali li troviamo nei testi liturgici, sono ripresi dal Protoevangelo di Giacomo: i nomi dei genitori, giusti e pii, la loro tristezza di non aver figli, il prodigioso annuncio dell’angelo circa una loro figlia dal destino eccezionale. La nascita della fanciulla Maria, futura Madre di Dio, è vista come l’inizio del piano della redenzione; da ciò la sua importanza e il tono gioioso che la caratterizza.

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Nella tradizione bizantina la Natività di Maria segna l’inizio delle grandi feste liturgiche: “La celebrazione odierna è per noi l’inizio delle feste” esordisce Sant’Andrea di Creta nel suo sermone in occasione di tale festa (omelie, 43). La nascita della Tutta Pura, “Tabernacolo dell'eterna gloria” e “Dimora tutta consacrata a Dio” stabilisce l’elemento essenziale per la successiva venuta del Salvatore. 

Probabilmente la festa della Natività ebbe origine nella Chiesa di Gerusalemme intorno al V sec. ove era molto forte la tradizione che voleva la casa natale di Maria situata vicino alla piscina probatoria. La prima traccia sicura risale però al VI secolo, durante il regno di Giustiniano I, e consiste in una composizione di Romano il Melode datata fra il 536 e il 556. Verso la fine del VI secolo - inizi del VII, la Chiesa Costantinopolitana fissò per i primi di settembre la festa della Natività di Maria, non per motivi storici, ma per un semplice parallelismo simbolico. Nel mese di settembre, infatti, iniziava l’anno ecclesiastico e civile nell’impero bizantino, è plausibile quindi che la Chiesa Costantinopolitana abbia voluto identificare questo inizio con l’avvio di tutta l’economia della Salvezza, partita appunto con la nascita di Maria. Una ipotesi vuole che la scelta di questa data sia stata influenzata dalla coincidenza delle feste che onoravano le divinità matriarcali pagane.

La Chiesa di Roma iniziò a celebrare questa festività soltanto a partire dal 688, quando il papa Sergio I, lo testimonia il Liber Pontificalis, stabilì che l’8 settembre si dovesse celebrare la festa con una processione dalla Chiesa di sant’Adriano al foro, alla Basilica di Santa Maria Maggiore.

Tutte le icone della natività della Vergine osservano in modo abbastanza fedele la stessa tipologia ispirata in parte alla tradizione della Chiesa (Gregorio di Neocesarea il Taumaturgo, Atanasio di Alessandria, San Gregorio di Nissa e Dionigi l’Aeropoagita) ed in parte al Protovangelo di Giacomo, il cui titolo originale era per l’appunto la “Natività di Maria”. Nelle icone della Natività convergono moltissimi elementi della tradizione popolare, che se da un lato rendono assai colorita la scena, dall’altro contribuiscono in modo consistente a rendere la rappresentazione quanto mai “terrestre”, ciò a detrimento dei contenuti teologici ed astratti tipici delle Icone sacre. Per sottolineare l’importanza di un personaggio, nel periodo classico greco-romano, si poneva grande enfasi al momento della nascita: più particolareggiate erano le scene, maggiore era il riguardo del personaggio rappresentato. Così la tradizione popolare vuole le Icone della Natività di Maria ricchissime di dettagli.

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Lo scenario è l’interno di una casa 'nobile', quella di san Gioacchino. Le esigenze della prospettiva inversa, caratteristica tipica delle Icone antiche, non consentono però la rappresentazione di un locale chiuso, quindi convenzionalmente si ricorre all’adozione di un drappo rosso posto sopra i tetti o la facciata delle case.

Sul lato sinistro dell’Icona campeggia la figura di Anna, stesa su un grande cline incurvato, simbolo dell’amore coniugale, qualche istante dopo aver messo al mondo Maria. La puerpera è in genere rappresentata subito dopo il parto in atteggiamento di contemplazione. Nella scena, secondo un Apocrifo – il Libro Armeno - Anna chiese alla levatrice: “Che ho messo al mondo?”. La levatrice rispose. “Una femmina!”. Ed Anna riprese: “E’ stata magnificata l’anima mia in questo giorno!”.

In analogia alle icone della Natività di Gesù, l’atteggiamento di Anna è quello della riflessione sulle meraviglie che il Signore ha operato in lei. Con grandissima compostezza, nella sua silenziosa gioia, tutta interiore, Anna grida le lodi del Signore: “Nel mio seno nutro il frutto della benedizione. Mi sono spogliata della veste della sterilità e ho indossato quella splendente della felice fecondità!”.

La grande enfasi posta sulla figura di Anna si traduce in un’esaltazione di quella di Maria, come giustamente dice San Giovanni Damasceno: ”Perché occorreva che a Lei, la sola cosa nuova sotto il sole, la meraviglia delle meraviglie, la strada fosse preparata da meraviglie e, a poco a poco, dalle situazioni più misere scaturissero le realtà più grandiose” (san Giovanni Damasceno Omelia sulla Natività di Maria).

La casa di Gioacchino è particolarmente ricca, lo provano gli ornamenti architettonici e gli arredamenti: i ricchi capitelli, i tappeti e le ricercate decorazioni. Inoltre ci sono molti servitori che accudiscono i due personaggi sacri. La tradizione vuole che Gioacchino fosse un uomo molto facoltoso; il Protovangelo di Giacomo riferisce che quando l’angelo avvisò il santo del concepimento di Anna, questi ordinò ai suoi pastori di preparare un olocausto per il Signore ed un gran banchetto per i suoi vicini: “Portatemi qui dieci agnelli senza macchia e senza difetto, perché questi dieci agnelli sono per il Signore. Portatemi anche dodici vitelli teneri e questi dodici vitelli sono destinati ai sacerdoti e al consiglio degli anziani; e cento capretti destinati, questi, a tutto il popolo”.

Alcune versioni di questa Icona pongono particolare enfasi al letto di Anna, il cui drappeggio spesso presenta fregi ed accessori particolari; a volte anche il cuscino su cui poggia Anna è riccamente decorato da preziose bordure. Il copriletto è in genere bianco e con la sua luce sembra avvolgere la donna, quasi a voler raffigurare la luce di Dio che permise al seno sterile di Anna di dare al mondo Maria. “Io non ho né una parola, né un’intelligenza che siano in grado di lodare la grandezza del beneficio e la perfezione del dono del Signore. Infatti, la figlia ci è stata data non solo dalla natura e la nascita dell’illustre bambina non dipende dalle sue leggi, ma molto di più dalla parola e della potenza di Dio” (Niceta il Paflagone, Omelia I sulla natività della SS. Madre di Dio).

La culla in cui è deposta Maria in fasce denota un alto grado di decoro ed una notevole agiatezza, in alcune raffigurazioni è presentata con delle slitte per essere dondolata.

I personaggi centrali dell’Icona sono senza dubbio Anna e la Theotokos, a Gioacchino viene riservato un posto alquanto marginale; in alcune Icone si affaccia da una finestra dall’alto della stanza, in altre è posto sopra qualche tetto, in ogni caso la sua figura è assai più piccola di quella degli altri partecipanti alla scena. La minore importanza data all'uomo si traduce però in una ulteriore lode a Dio, perché la “natura” rappresentata da Gioacchino, che è pur tuttavia presente, nell’Icona ha un ruolo secondario: “La natura è stata sconfitta dalla Grazia e si è arrestata tremante, non osando precederla. Perciò quando la Vergine Madre di Dio stava per essere generata da Anna, non osò la natura prevenire il germoglio della Grazia, ma rimase senza frutto finché la Grazia non produsse il suo. Bisognava che nascesse primogenita colei che avrebbe generato il ‘Primogenito di tutta la creazione’, in cui l’universo ha il suo fondamento” (San Giovanni Damasceno, Omelia sulla Natività della Theotokos). Il santo osserva comunque felice la bimba deposta nella culla, il suo atteggiamento è di profonda gioia e lode: “Signore mio Dio, ti loderò; glorificherò il tuo santo nome, ‘perché hai eseguito progetti meravigliosi, concepiti da lungo tempo, fedeli e veri’(Is 25,1)". Questa la preghiera che Niceta il Paflagone pone fra le labbra del santo genitore.

Soltanto nelle tarde raffigurazioni Gioacchino appare nell’icona con pari dignità di Anna, entrambi nell’atto di effondere le loro tenere attenzioni verso la Bambina. Maria in fasce è più volte presente nell’Icona, Ella appare sia in braccio alla levatrice, che le fa il bagnetto, sia distesa nella culla avvolta tutta in fasce tranne la testa. In tutte le rappresentazioni figura la tenera ed intima scena del bagnetto: la levatrice tiene la piccola Maria in braccio, mentre saggia la temperatura dell’acqua, un’ancella nel frattempo versa acqua nel catino. Il tema del bagno non pare però derivare da una specifica tradizione, quanto dall’uso iconografico già invalso nell’arte pagana di rappresentare così un personaggio singolare.

Diverse donne, in atto di servizio, circondano Maria ed Anna e come era usanza per gli schiavi, queste hanno tutte il capo scoperto e portano vestiti senza maniche o, al massimo a mezze maniche, volendo simboleggiare il fatto che le loro braccia sono destinate al servizio nella casa. Una donna porge alla puerpera una coppa, mentre altre portano delle uova; “l’uovo è simbolo della fecondità, del rinnovamento, della nascita e della rinascita.” (M. Eliade, Trattato di storia delle religioni). Altre donne con dei flabelli variopinti rinfrescano sia la puerpera che la bambina.

"Il termine della legge è Cristo" (Rm 10, 4). Si degni egli di innalzarci verso lo spirito ancora più di quanto ci libera dalla lettera della legge. In lui si trova tutta la perfezione della legge perché lo stesso legislatore, dopo aver portato a termine ogni cosa, trasformò la lettera in spirito, ricapitolando tutto in se stesso. In questo modo non siamo più "schiavi degli elementi del mondo" (Gal 4, 3), come dice l'Apostolo, né siamo più oppressi dal giogo della legge, né prigionieri della sua lettera morta. La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio. La beata Vergine Maria ci fa godere di un duplice beneficio: ci innalza alla conoscenza della verità, e ci libera dal dominio della lettera, esonerandoci dal suo servizio. In che modo e a quale condizione? L'ombra della notte si ritira all'appressarsi della luce del giorno, e la grazia ci reca la libertà in luogo della schiavitù della legge. La presente festa è come una pietra di confine fra il Nuovo e l'Antico Testamento. Mostra come ai simboli e alle figure succeda la verità, e come alla prima alleanza succeda la nuova. Tutta la creazione dunque canti di gioia, esulti e partecipi alla letizia di questo giorno. Angeli e uomini si uniscano insieme per prendere parte all'odierna liturgia. Insieme la festeggino coloro che vivono sulla terra e quelli che si trovano nei cieli" (Sant’Andrea di Creta Vescovo).

Già nel giorno di prefesta, il 7 settembre, le due preghiere più ripetute (il tropario conclusivo e il kontàkion) ben ne riassumono i motivi dominanti:

Dalla radice di Jesse e dalla stirpe di Davide è generata oggi per noi Maria, la divina bambina. Perciò tutta la creazione si rallegra e si rinnova, cielo e terra gioiscono insieme. Lodatela, tribù dei popoli. Gioacchino esulta e Anna si rallegra, esclamando: la sterile partorisce la Madre di Dio, la nutrice della nostra vita.

Oggi la Vergine e Madre di Dio, la camera nuziale del celeste Sposo, viene generata dalla sterile, conformemente al volere divino, per esser il cocchio del Verbo di Dio. A questo fu infatti destinata colei che è la porta santa e la madre della vera vita.

Questi, invece, il tropario, il kontakion e l’ikos della festa:

Tropario

La tua nascita, o Madre di Dio, annunziò gioia a tutta la terra: da te infatti è spuntato il Sole della giustizia, Cristo Dio nostro. Avendo sciolto la maledizione ci ha dato la benedizione; e distrutta la morte ci ha fatto dono della vita eterna.

Kontàkion

Gioacchino e Anna furono liberati dall’obbrobrio della sterilità, e Adamo ed Eva dalla corruzione della morte, o tutta pura, per la tua natività; questa festeggia il tuo popolo, riscattato dalla schiavitù dei peccati, acclamando a te: La sterile partorisce la Madre di Dio e nutrice della nostra vita.

Ikos (di Romano il Melode) (†560)

La preghiera di Gioacchino ed Anna così come i loro gemiti per la sterilità e la mancanza di figli, furono accetti e arrivarono alle orecchie del Signore e valsero un frutto di vita per il mondo. Lui faceva la sua preghiera sulla montagna, lei piangeva nell’orto il suo obbrobrio; ma è nella gioia che la sterile da alla luce la Madre di Dio e nutrice della nostra vita.

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