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sabato 14 giugno 2014

Lettera Patriarcale al clero e ai fedeli dell’Esarcato

Dal sito del Decanato d'Italia dell'Esarcato

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Vostra Eminenza Arcivescovo Giobbe di Telmesso, amato fratello nello Spirito Santo e concelebrante della nostra umile persona, Esarca delle parrocchie ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale sotto il Trono Ecumenico, pii chierici e diaconi, onorabili dignitari e tutti i cristiani benedetti di questo Esarcato patriarcale, che la grazia e la pace di Dio siano con voi con la nostra preghiera e la nostra benedizione.

L’amore indissolubilmente legato alla sollecitudine che incombe alla Chiesa Madre verso l’Esarcato delle parrocchie ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale che da essa dipende è stato in ogni tempo materno, sincero e benefico. Per questo essa circonda di grande rispetto non solo lo splendore spirituale dell’Esarcato nella cristianità d’Occidente, ma anche le specificità della sua vita liturgica, come definite nello statuto dell’Esarcato del Patriarcato Ecumenico, sempre nel contesto della secolare tradizione canonica della Chiesa ortodossa. Così, per parte sua, l’amore amplia la portata della sollecitudine della santa Grande Chiesa di Cristo riguardo all’organizzazione ed al funzionamento, armonioso e retto dalla regola, del suo corpo ecclesiale, mentre la sollecitudine conferma l’ampiezza dell’amore materno.

E’ in questo spirito che è stata letta, compresa e interpretata la lettera proveniente da esponenti di spicco del corpo dell’Esarcato, indirizzata alla nostra umile persona e al Santo Sinodo che ci circonda. Nella lettera vi si esprime il disaccordo, o l’amarezza, a proposito di alcuni interventi del Santo Sinodo nella lista dei tre candidati proposti all’Assemblea Generale dell’Esarcato, ovvero l’aver sostituito due dei tre candidati proposti. E’ evidente che durante le discussioni, delle promesse sono state effettivamente fatte a voce riguardo al rispetto delle proposte avanzate dall’Esarcato. È vero anche che il Santo Sinodo ha sostituito due altri nomi ai nomi di due candidati proposti. Ecco perché l’amarezza espressa nella vostra lettera potrebbe essere qualificata come comprensibile e anche giustificata. In virtù di essa: “Come persone, ma soprattutto come comunità, ci siamo trovati umiliati, ridotti ad una umiltà fittizia” perché la decisione “di respingere due dei tre candidati iniziali ci ha profondamente scioccati sia nella sostanza che nella forma“.

Tuttavia, la sfiducia sconsideratamente formulata nella lettera sotto forma di domanda relativa alla presunta intenzione del Santo Sinodo è evidentemente ingiusta e totalmente sbagliata; come voi scrivete: “Come non pensare che la sostituzione di due nomi sconosciuti a quei candidati che conoscevamo mirasse a farci votare a maggioranza per l’unico candidato conosciuto rimasto?” Questa diffidenza è manifestamente ingiusta perché inserisce avventatamente il ruolo responsabile del Patriarcato Ecumenico nelle correnti interne che oppongono i membri dell’Assemblea generale dell’Esarcato riguardo alle persone dei tre candidati. È, invece, errata, perché il Santo Sinodo ha, da statuti, il diritto canonico di scegliere ipso jure, uno dei tre candidati tra i quali figurava anche il nome dell’eletto, ovvero, sia tra gli altri due candidati proposti da voi, che tra quelli che sono stati sostituiti per decisione del Santo Sinodo.

Di conseguenza, nella lettera, si sottolinea con saggezza che per scegliere l’Esarca eletto, non era necessario sostituire gli altri due candidati. Ecco perché vi si segnala correttamente come ovvio: “Il Santo Sinodo avrebbe potuto, non lo diremo mai abbastanza, riconoscere le loro virtù [dei tre candidati], ma eleggere il candidato di propria scelta, senza seguire necessariamente la proposta che avrebbe fatto la nostra Assemblea Diocesana“. Pertanto, la questione potrebbe essere sollevata all’occorrenza, e i firmatari della lettera potrebbero rispondere, per prevenire o evitare lamentele infondate qui espresse in merito alla decisione del Santo Sinodo, secondo i quali, come i redattori (della lettera) affermano: “[...] crediamo di avere non solo subìto un’ingiustizia, ma anche di aver causato afflizione a tre degni Archimandriti della Chiesa di Cristo [...] Noi continueremo a pensare che tutti e tre avevano le qualità richieste per essere, quanto meno, riconosciuti come eleggibili alla funzione episcopale“.

La convinzione che i tre archimandriti proposti “avevano le qualità richieste [...] alla funzione episcopale” è chiaramente rilevante, ma gravava sul Santo Sinodo di esaminare anche la questione di sapere se i tre candidati proposti rispondevano ai criteri canonici stabiliti o alle qualifiche formali per essere eleggibili dell’Esarcato in questione, anche se, naturalmente, tutti e tre dispongono delle qualità di fondo per essere promossi al rango episcopale, qualità che non sono in alcun modo contestate dal Santo Sinodo. Ora, se gli estensori della lettera si ponessero essi stessi questa domanda e si sforzassero di rispondere, potrebbero meglio comprendere che la decisione del Santo Sinodo, lungi dall’essere di parte, il che sarebbe assurdo anche ammesso come ipotesi, è al contrario dettata dal suo dovere (di osservanza), in conformità ai principi fondamentali, al contempo sia della tradizione canonica ortodossa sia degli statuti dell’Esarcato.

Tuttavia, dal momento che gli estensori della lettera si sono lanciati nell’esame della decisione del Santo Sinodo nell’ottica di criteri imperativi di canonicità delle procedure [di elezione] arciepiscopali dell’Esarcato patriarcale, riteniamo utile fare le seguenti precisazioni per evitare equivici indesiderabili e comunque infondati nel modo di interpretare la decisione sinodale, da un lato, e per preservare d’altra parte la coesione spirituale del corpo ecclesiale dell’Esarcato.

In primo luogo, lo statuto ecclesiastico dell’Esarcato del Patriarcato Ecumenico precisa, sulla base della tradizione canonica ortodossa, in modo chiaro, imperativo e necessario, i limiti canonici di eleggibilità dei candidati proposti. Quindi, l’eventuale accettazione da parte del Santo Sinodo della candidatura di uno dei tre postulanti era impossibile dal punto di vista canonico per due motivi: in primo luogo, esso non ricadeva sotto la giurisdizione canonica del Patriarcato Ecumenico; in secondo luogo, non aveva alcuna lettera dimissoriale rilasciata dalla Chiesa ortodossa a cui appartiene. Pertanto, già la sola accettazione della sua candidatura, anche senza prospettiva di elezione, sarebbe stato un atto contrario ai canoni, suscettibile di provocare una confusione di giurisdizioni. Quindi, la non ricevibilità della sua candidatura era dettata dai canoni della Chiesa e senza alcun riferimento alla persona del candidato, peraltro molto apprezzato dalla Chiesa Madre. Ecco perché la non accettazione della sua candidatura è senza alcun rapporto con una qualsivoglia disposizione di considerare il valore o svilire la persona del candidato.

In secondo luogo, lo scopo del Esarcato, ai sensi dell’articolo 1 dello statuto, è, da un lato, di garantire “l’esercizio e il coordinamento di culto rigorosamente conforme al rito ortodosso greco-russo” e, dall’altro, di garantire che tutte le comunità o associazioni aderenti saranno disciplinate “nella loro vita liturgica, pastorale, spirituale e canonica dalle regole della Chiesa ortodossa secondo la tradizione russa, così come contenute nella raccolta dei Canoni dei Santi Apostoli, dei Santi Concili Ecumenici, dei Concili locali e dei Padri della Chiesa“.

In questo senso, le funzioni polivalenti di Esarca esigono chiaramente, in primo luogo, che i candidati al rango di Esarca abbiano una formazione teologica di alto livello che presuppone almeno una licenza rilasciata da una Facoltà di Teologia, d’altra parte, la profonda conoscenza di elementi specifici al rito cultuale russo, presupponendo almeno una buona padronanza della lingua russa. Il secondo fra i candidati proposti non era eleggibile poiché non aveva una licenza conferita da una Facoltà di teologia, come stabilito a livello panortodosso. Inoltre, il fatto di ricevere la sua candidatura all’Esarcato patriarcale si sarebbe distaccato dalla tradizione del Trono Ecumenico, e per giunta senza una ragione di necessità, dal momento che uno dei tre candidati che avete proposto soddisfaceva pienamente tutte le condizioni di cui sopra ed è per questo che è stato eletto dal Santo Sinodo.

Tuttavia, il Santo Sinodo ha chiaramente contemplato le eventuali implicazioni canoniche della sua decisione, nel corso delle sue deliberazioni in cui questi aspetti sono stati riportati. Certamente, queste questioni non erano state sollevate durante i colloqui preliminari. Era però impossibile ignorarli nel corso della procedura canonica per prendere la decisione finale, essendo evidente la superiorità di uno dei candidati al detto Esarcato. Di conseguenza, consideriamo la decisione presa come quella che esprime veramente il legame armonioso che unisce l’amore materno e la responsabilità spirituale della Chiesa Madre, sia verso l’Esarcato patriarcale sia verso la specifica missione spirituale di esso nelle relazioni inter-ortodosse e interecclesiali. Così, noi rispondiamo volentieri alla vostra domanda giustificata di fornire alcune precisazioni sulla decisione sinodale di sostituire due dei tre candidati proposti; questo, al fine di disinnescare le tensioni negative causate da interpretazioni soggettive di cui essa è stata fatta oggetto, come risulta dalla vostra richiesta: “E’ con grande umiltà e audacia filiale che vi preghiamo di inviarci una parola di consolazione, in risposta alla angoscia che ci attanaglia oggi, così che possiamo iniziare, con maggiore fiducia, il processo di ricostruzione della nostra coscienza ecclesiale scossa“.

Pertanto, la decisione sinodale è associata alla responsabilità canonica che incombe alla Chiesa Madre. Questo legame assicura il rispetto rigoroso della disciplina canonica nelle relazioni inter-ortodosse, disciplina tanto più valida nel caso delle Diocesi metropolitane e degli Esarcati sotto la sua giurisdizione spirituale. La decisione sinodale non è quindi certamente da associare alle persone dei candidati proposti, che godono della stima della Chiesa.

Abbiamo considerato che fosse nostra responsabilità di spiegare la decisione, iscrivendosi nel contesto della sollecitudine pastorale della Chiesa Madre il chiarimento degli equivoci inavvertitamente creati, e per rafforzare la coesione interna del corpo ecclesiale dell’Esarcato patriarcale. Vi esortiamo quindi paternamente, innalzandovi al di sopra di simpatie o antipatie personali, di conservare l’unità inscindibile e incrollabile del corpo ecclesiale dell’Esarcato nella comunione della fede ricevuta e nel vincolo dell’amore, secondo la preghiera sacerdotale di nostro Signore Gesù Cristo, che con la sua divina incarnazione divina assunse la carne della Chiesa: “Che tutti siano uno“.

Pregando affinché tutti, impegnati al fianco del vostro nuovo Arcivescovo ed Esarca, perseveriate pacificamente nella vostra vita ecclesiale e nella vostra testimonianza ortodossa in Europa occidentale dove vivete ed operate, invochiamo su di voi la grazia e la misericordia infinita del nostro Dio e Signore Gesù Cristo.

30 Maggio 2014.

+ Bartolomeo di Costantinopoli,

fratello in Cristo e fervente intercessore davanti a Dio

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