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domenica 22 marzo 2015

9 / 22 marzo: i Quaranta Martiri di Sebaste

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La storia dei Quaranta Martiri di Sebaste, in Armenia, ci è giunta attraverso varie fonti omiletiche e letterarie di varie epoche, come san Basilio il Grande, san Gregorio di Nissa, san Gaudenzio di Brescia, sant’Efrem il siro, san Gregorio di Tours, e lo storico Sozomeno.

L’unico documento contemporaneo giunto fino a noi, è il “Testamento” scritto dagli stessi martiri in carcere prima del supplizio che, sebbene considerato attendibile, non dà un grande contributo alla ricostruzione storica della vicenda. E’ possibile ricostruire l’avvenimento raccogliendo e mettendo insieme le informazioni fornite dalle varie fonti.

La vicenda ebbe inizio al tempo di Licinio (Flavio Galerio Valerio Liciniano Licinio) che fu imperatore romano dal 308 al 324. Dal 311, Licinio divise l’impero d’Oriente con Massimino Daia, regnando sulla Tracia e la penisola balcanica, e, due anni dopo, si recò a Milano per incontrare Costantino I, divenuto l’unico imperatore d’Occidente, col quale strinse un’alleanza contro Massimino Daia, suggellata dal matrimonio di Licinio con la sorella di Costantino, Costanza. Insieme, i due imperatori promulgarono l’Editto di Milano (313) che poneva ufficialmente termine alle persecuzioni religiose e proclamava la neutralità dell’impero nei confronti di ogni fede. Tuttavia, Licinio, sconfitto Massimino Daia e diventato unico imperatore della parte orientale, cominciò a perseguitare i cristiani considerandoli amici di Costantino (dal quale fu sconfitto nel 316 e nel 324-325) ed esigeva che i suoi sudditi apostatassero.

Durante queste persecuzioni, furono “scoperti” cristiani quaranta soldati appartenenti alla XII Legione “Fulminata” (così detta perché nelle sue insegne aveva un fulmine) che allora si trovava a Melitene (odierna Malatya, in Anatolia), “scoperti” per modo di dire, perché un frammento di una apologia attribuita al vescovo di Ierapoli, Apollinare narra che nel 274, durante la guerra di Marco Aurelio contro i Quadi (polo germanico stanziato nell’attuale Slovacchia), l’esercito romano pativa la sete e le preghiere dei soldati cristiani della XII Legione “Fulminata” provocarono un nubifragio che rianimò i soldati e fece vincere loro la guerra. 

Ai quaranta soldati cristiani venne concessa la scelta di ripudiare la fede cristiana, sacrificando agli idoli per provare la loro apostasia, o subire la morte, secondo i decreti imperiali, ma tutti concordemente rimasero fermi nella loro fede, e così furono condannati ad essere esposti nudi al freddo invernale e morire per assideramento.

Mentre in carcere attendevano l’esecuzione, i soldati destinati al martirio scrissero per mezzo di uno di loro il “Testamento”, nel quale chiedevano di essere sepolti tutti insieme a Sareim, un villaggio identificato con l’odierna Kyrklar in Asia Minore. Inoltre stabilirono che il giovane servo Eunoico, se fosse stato risparmiato dalla morte, potesse ritornare libero e fosse adibito alla custodia del loro sepolcro. Infine dopo parole di esortazione ai fratelli cristiani, salutavano parenti ed amici elencando alla fine i loro nomi.

La particolare minuzia nello stabilire il luogo di sepoltura, la raccomandazione di conservare il sepolcro e le reliquie si inquadra nel sentimento profondo dei primi cristiani, che veneravano le reliquie dei martiri, fonte di Grazia, di coraggio, forza ed esempio per affrontare la morte, così vicina a chi professava la nuova religione cristiana.

Il martirio ebbe luogo il 9 marzo, nel cortile del ginnasio annesso alle Terme della città di Sebaste in Armenia (odierna Siwas in Turchia), su uno stagno gelato. Sul luogo era stato preparato anche un bagno caldo per coloro che avessero voluto eventualmente tornare sulla loro decisione.

Durante la lunga esecuzione, uno dei condannati Melezio, quello che aveva scritto personalmente il ‘Testamento’, non resse al supplizio e chiese di passare nel bagno caldo, ma lo sbalzo di temperatura troppo forte gli causò una morte istantanea.

Il suo posto però fu preso subito dal custode del ginnasio, il quale fu colpito dalla loro fede e da una visione; si spogliò e gridando che era un cristiano, si unì agli altri riportando il numero dei martiri a 40, il suo nome è Eutico o Aglaio secondo le varie fonti.

Quando tutti furono morti, i loro corpi furono portati fuori città e bruciati. Seguendo gli ordini del governatore, i soldati dispersero le ceneri e le ossa dei martiri gettandole nel fiume, ma dopo tre giorni, i santi apparvero in visione al vescovo di Sebaste, Pietro, e gli indicarono il luogo preciso dove si trovavano i loro resti mortali ormai santificati. Così, le reliquie dei Quaranta Martiri poterono essere recuperate e venerate poi in diverse chiese, diffondendo il loro culto. Esse giunsero nei secoli successivi anche a Brescia, in Palestina, a Costantinopoli e in Cappadocia.

I nomi dei quaranta martiri sono: Aezio, Eutichio, Cirione, Teofilo, Sisinnio, Smaragdo, Candido, Aggia, Gaio, Cudione, Eraclio, Giovanni, Filottemone, Gorgonio, Cirillo, Severiano, Teodulo, Nicallo, Flavio, Xantio, Valerio, Esichio, Eunoico, Domiziano, Domno, Eliano, Leonzio detto Teoctisto, Valente, Acacio, Alessandro, Vicrazio detto Vibiano, Prisco, Sacerdone, Ecdicio, Atanasio, Lisimaco, Claudio, Ile, Melitone e il già citato Eutico o Aglaio. Il giovane servo cristiano il cui nome Eunoico è presente nell’elenco, evidentemente non fu risparmiato.

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