Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

giovedì 12 marzo 2015

Ancora sulla croce

Ireneo di Lione, Dimostrazione della predicazione apostolica, 31-34
 
L'esempio del Signore crocifisso
 
Non ci si deve mostrare sciocchi tra le vanità, né timorosi tra le avversità. Ivi ci allettano le lusinghe, qui ci aggravano le fatiche Ma poiché la terra è piena della misericordia del Signore (Sal. 32, 5), ovunque ci sostiene la vittoria di Cristo, affinché si adempia la sua parola: Non temete, perché io ho vinto il mondo (Gv. 16, 33). Quando dunque combattiamo, sia contro l'ambizione del mondo, sia contro le brame della carne, sia contro gli strali degli eretici, siamo armati sempre della croce del Signore. E mai ci allontaneremo da questa festa pasquale, se - nella verità sincera - ci asterremo dal fermento dell'antica malizia. Tra tutti i trambusti di questa vita, oppressa da molte passioni, dobbiamo ricordare sempre l'esortazione dell'Apostolo che ci istruisce dicendoci: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù.
 
Egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò rapina lo stare alla pari con Dio, ma annientò se stesso prendendo la natura di servo, divenendo simile agli uomini e fu da tutti ritenuto come uomo. Umiliò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. E perciò Dio lo ha esaltato e gli ha donato il nome che sovrasta ogni nome, tanto che nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sotterra, e ogni lingua proclami che Signore è Gesù Cristo nella gloria di Dio Padre (Fil. 2, 5ss.).
 
Se comprendete dunque questo grande mistero di carità e soppesate ciò che l'unigenito Figlio di Dio compì per la salvezza del genere, umano abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e la sua umiltà non sia disprezzata da nessun ricco, non sia vergognosa a nessun nobile: nessuna prosperità umana, infatti, può giungere a tale vetta, da ritenere ignominioso che Dio, sussistendo nella natura di Dio, non ha ritenuto indegno assumere la natura di servo. Imitate ciò che ha fatto amate ciò che ha effettuato e, trovando in voi tanto amore gratuito di Dio, riamate in lui la vostra natura.
 
Come egli non perse la ricchezza per la povertà, non diminuì nella gloria per l'umiltà, non smarrì l'eternità per la morte, così voi, sui suoi passi, sulle sue orme, disprezzate i beni terreni per raggiungere quelli celesti. Abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi, allontanarsi dalla vanità è rinunciare ad ogni errore. Nessun impudico infatti, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore.
 
Leone Magno, Sermoni, 74,4-5
 
 
Il significato ultratemporale e ultramondano della croce
 
Alla fine di questo secolo Gesù Cristo si sarebbe manifestato al mondo intero come uomo, egli che è il Verbo di Dio che in sé ricapitola tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Egli unì dunque l'uomo con Dio operò l'unione di Dio con l'uomo; noi uomini non avremmo potuto in alcun modo partecipare all'incorruttibilità se egli non fosse venuto tra noi. Infatti, se l'incorruttibilità fosse rimasta invisibile ed occulta, non ci sarebbe stata di utilità alcuna. Perciò egli si fece visibile, affinché ricevessimo la partecipazione, in ogni senso, a questa incorruttibilità. E perché nella prima creatura, Adamo, noi tutti eravamo stati incatenati alla morte per la disobbedienza, fu necessario che i lacci di morte venissero rotti dall'obbedienza di colui che per noi si era fatto uomo.
 
La morte aveva regnato sulla carne; per mezzo della carne bisognava che essa venisse perciò abolita, e l'uomo venisse liberato dalla sua schiavitù. Per questo, il Verbo si fece carne, affinché il peccato fosse abolito per mezzo della carne - grazie alla quale aveva ottenuto potere, diritto di possesso e dominio - e più non dimorasse in noi. Per questo, il Signore assunse una "corporeità" identica a quella della prima creatura, per combattere in maniera ravvicinata in favore dei padri, e vincere in Adamo colui che in Adamo ci aveva colpiti.
 
Ora da dove procede la sostanza della prima creatura? Dalla volontà, dalla sapienza di Dio e da una terra vergine, perché Dio non aveva ancora fatto piovere, dice la Scrittura, prima che l'uomo fosse stato fatto, e non vi era nessuno che lavorasse la terra (Gen. 2, 5). Dunque, da questa terra, mentre era ancora vergine, Dio prese del fango e ne plasmò l'uomo, capostipite della nostra umanità. Ricapitolando in sé quest'uomo, il Signore assunse la stessa economia della sua "corporeità", nascendo da una Vergine per volontà e sapienza di Dio. Mostrò così l'identità della sua "corporeità" con quella di Adamo e divenne quello ch'era stato descritto all'inizio, cioè l'uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio (Gen. 1, 26).
 
Come per l'opera di una vergine che aveva disobbedito l'uomo fu ferito, cadde e morì, così per l'opera di una vergine che ha obbedito alla parola di Dio l'uomo è stato rianimato, e dalla Vita ha ricevuto la vita. Il Signore è venuto a cercare la pecorella smarrita, ed era l'uomo che s'era perduto; e se egli non ha assunto una qualunque altra carne umana diversamente plasmata, ma per mezzo di questa stessa Vergine che era della razza di Adamo, ha voluto mantenere la somiglianza con questa nostra carne plasmata, tutto ciò è avvenuto per uno scopo ben preciso: perché Adamo venisse ricapitolato nel Cristo - e così ciò che era mortale venisse assorbito e inghiottito dall'immortalità - ed Eva venisse ricapitolata in Maria e così una Vergine, divenendo l'avvocata di un'altra vergine, distruggesse e cancellasse la disobbedienza di quella vergine con la sua obbedienza verginale.
 
Il peccato ch'era stato commesso per mezzo di un legno, fu distrutto per mezzo dell'obbedienza patita sul legno conformemente alla quale il Figlio dell'uomo, in obbedienza a Dio `fu inchiodato sul legno: distrusse in tal modo la scienza del male e rivelò e comunicò la scienza del bene. Il male è appunto disobbedire a Dio mentre il bene è obbedirgli. Per questo il Verbo disse per bocca di Isaia profeta, che preannunciava il futuro - erano profeti appunto perché annunciavano il futuro - il Verbo, ripeto, così disse: Io non mi rifiuto, né contesto; ho presentato le mie spalle alle percosse e le mie guance agli schiaffi; non ho sottratto il mio volto all'ignominia degli sputi (Is. 50, 6). Dunque, per quell'obbedienza cui si è sottomesso inchiodato fino alla morte sul legno, egli ha distrutto l'antica disobbedienza commessa per il legno.
 
E poiché è il Verbo di Dio, anche lui onnipotente, che per la sua natura invisibile è presente tra noi in questo universo che egli abbraccia in tutta la sua lunghezza e larghezza, altezza e profondità - infatti, è per opera del Verbo di Dio che tutte le cose quaggiù sono state disposte e strutturate - per questo la crocifissione del Figlio di Dio si è compiuta anche lungo tutt'e quattro queste dimensioni, quando egli ha tracciato sull'universo il segno della sua croce. Infatti, col suo farsi visibile, ha dovuto rendere visibile la partecipazione di questo nostro universo alla sua crocifissione, per mostrare, con la sua forma visibile, l'azione che egli esercita sull'universo visibile: che egli cioè illumina l'altezza cioè tutto ciò che è nel cielo, che contiene la profondità, cioè quanto esiste nelle viscere della terra, che estende la sua lunghezza da oriente a occidente, che governa come nocchiero la regione di Arturo e la larghezza del Mezzogiorno, chiamando d'ogni parte coloro che sono dispersi, alla conoscenza del Padre.

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